su "Nelle case della gente"
La domanda che muove le pagine de “Nelle case della gente”, di Mirko Tondi, è: si può realmente sfuggire a ciò che si è?
Fiorentino, classe ’77, Tondi ha dalla sua una scrittura profonda, matura. Capace, soprattutto, di grande sottigliezza psicologica.
Si può, dunque, inventare per se stessi un anti-destino? O tutto è già scritto in quegli anni (i primi) che ci formano e ci segnano per sempre?
Il romanzo si fonda su questo dilemma e avvolge, cattura il lettore, tanto che riesce difficile allontanarsene. Mentre lo si legge, turba a lungo e tiene sospesi in un dubbio, come se ci cogliesse il sospetto che, quella che stiamo leggendo, sia anche la nostra storia.
Le case di cui Tondi parla ci rappresentano: sono come anime che accolgono avvenimenti, proteggono, feriscono per sempre.
Un’effrazione antica che non si rimargina, legata alla figura paterna, condiziona le scelte del protagonista, che non ha nome, o che potrebbe forse chiamarsi K., come il grande scrittore ceco de la “Lettera al padre”.
In un gioco di coincidenze, che Tondi richiama e rimuove con distacco solo apparente, balugina una possibile risposta. Che, però, non soddisfa. Non bastano i sogni di gloria, le amicizie, un lavoro che aiuta a vivere. Non basta la scrittura, che sempre ripara e fa da approdo momentaneo: bisogna cercare una verità più profonda, che appare e scompare di là dalle rivelazioni, dei fatti concreti, dei segreti svelati.
Una verità che si manifesta soprattutto nell’incapacità di radicarsi, di scegliere per sé strade rassicuranti, quelle che tutti percorrono: una famiglia, un figlio.
Ma c’è pure una risposta che trapela, disperatamente, dalle pagine dei libri che si amano, in cui ci si è imbattuti per caso o per scelta. “Tutto ciò che so della mia vita, mi sembra di averlo appreso dai libri”, scriveva Sartre, e così il protagonista del romanzo cerca, nonostante tutto, una possibile chiarificazione nelle storie già pensate, nella vita già raccontata da altri.
“Nelle case della gente” è un romanzo doloroso, lucido, ricco di tensione narrativa. Un lungo racconto senza finale, sospeso come tutto quello che non può essere risolto. Dobbiamo imparare a convivere con le domande: questo chiede la vita, ogni vita.
Eppure, di là dal dolore e di ogni possibile ricerca, oltre ogni comprensione, di là dalla ferita che non guarisce, c’è una strada salvifica, che non è rinuncia né debolezza. Mirko Tondi la indica al lettore solo nel finale, delicatamente.
Un bel libro, che ci fa amare il suo autore, scritto in modo fluido, seppur ricco di rimandi, nel gioco di citazioni che vuol confondere la realtà con la finzione narrativa. Cosa, questa, che è sempre la cifra della buona scrittura.
Nelle case della gente
PSEditore
148 pagine
8898930356