su "Il gusto proibito dello zenzero"
Noi Europei non sappiamo che durante la seconda guerra mondiale è stato creato un campo di isolamento per i Giapponesi. Non sappiamo che i Cinesi indossavano un distintivo con la scritta "Io sono Cinese" affinché gli Americani non li confondessero con i Giapponesi, i nemici; e non sappiamo che sia i Giapponesi sia i Cinesi avevano fatto nascere in America i propri figli e americani si consideravano, e che dimostrarono obbedienza al Paese lasciandosi confinare in questi campi.
Jamie Ford, per metà cinese, ha messo insieme le sue origini e questa parte della sua Storia e ne ha fatto un romanzo. Protagonisti sono Henry e Keiko, cinese lui, giapponese lei. Due nemici, secondo la Storia e secondo la famiglia di Henry; due adolescenti che si innamorano, secondo il loro punto di vista. Ne viene fuori un racconto d'amore dolceamaro, come dolceamaro è il suo titolo originale: "Hotel on the Corner of Bitter and Sweet": perno di questa storia è infatti un hotel, il Panama, che per quarant'anni ha custodito i beni familiari dei Giapponesi sfollati, e la cui riapertura riporta Henry indietro nel passato.
La scrittura (o la traduzione? ho trovato un paio di refusi) non è il massimo del coinvolgimento: trattandosi della ricostruzione di un'epoca che non è stata realmente vissuta, in molti tratti si ha la sensazione di rimanere a pelo d'acqua quando invece ci si vorrebbe immergere. La fine forse è un po' brusca rispetto all'atmosfera creata in precedenza, ma vale la pena arrivarci. Il libro dal 2009 ha fatto strada con il passaparola e oggi è tradotto in 32 lingue.
"Un sospiro di rassegnato disappunto. Un premio di consolazione, perchè siamo arrivati secondi, ma non abbiamo niente in mano per dimostrarlo. Ci sentiamo vuoti, abbiamo solo perso tempo, perchè alla fin fine, quello che facciamo, quello che siamo, non conta. Niente conta davvero" (Jamie Ford)
Il gusto proibito dello zenzero
Garzanti Libri
372 pagine
8811682355