su "Che tu sia per me il coltello "
Possono due sconosciuti innamorarsi e compenetrarsi a distanza, conoscendo a malapena i rispettivi volti? Questo è l'inizio del capolavoro di grossman: l'amore diventa necessità di immaginarsi, magari a propria immagine e somiglianza; necessità di costruirsi a vicenda, e volontà di rendersi migliori o al contrario di trascinarsi all'inferno, trainati dal sospetto e dai sensi di colpa. Un libro intenso e paziente, come i tempi cadenzati di una relazione epistolare. qui le emozioni sono costrette a venire filtrate dalla realtà e forse a filtrarla a loro volta, in un gioco della corda in cui entrambe le parti vacillano visibilmente. "Ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco. Da lì, da quell'ossicino, l'uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dai morti. (...) Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L'ho dichiarato disperso finché l'ho visto nel cortile della scuola. Subito quell'idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona".
Che tu sia per me il coltello
Mondadori
336 pagine
8804588195