su "Istruzioni per l'odio "
Raccontare i piccoli orrori della quotidianità, il loro rifiuto, la loro finale accettazione. Un libro psico-politico in cui un ragazzo cerca di fare a se stesso quello che Berlusconi ha fatto al paese. Un libro di sinistra, ma così di sinistra che può piacere soprattutto a quelli di destra. Succede che Silvio lo perseguita, e un precario qualunque passa dalla laurea con lode alla disoccupazione. Che fare? Si tratta della domanda cui i poveracci di tutto il mondo cercano da secoli una risposta. Questo è ciò che riporta la presentazione del libro che in qualche svela e non svela propriamente il senso. Il protagonista è "goloso di antiberlusconismo catartico, in attesa della liberazione" per dirla con parole di Simone Montella; sembra che il più grande male di vivere del ragazzo sia Berlusconi, anzi il Berlusconismo. Tutto ruota intorno a lui, al capitalismo, allo sfrenato senso del consumismo sociale, al restare attaccati a dei beceri tradizionalismi, schemi su schemi, imposizioni su imposizioni, regole prescritte al primo offerente che crede forse di rendergli giustizia.
Lui, il protagonista, è un ragazzo al di sotto dei trent’anni di origini napoletane, che fa della sua vita una tela da dipingere, sembra ritrovarsi rinchiuso nella gabbia sociale, senza né colori né speranze, senza una fottuta verità o amplesso di costruzione del reale, senza colori vividi e fervidi, scintille cromatiche armoniose di un animo privo di ogni serenità. E’ un libro attuale, anzi attualissimo, viviamo in un secolo dove la politica non è politica, ma solo farnetichismo di parole assoldate e messe in fila a tavolino per imbambolare gli spettatori che estasiati di contrappunto si lasciano ingannare. Il risveglio è sempre tardo, ciò che ci fa compagnia sotto il nostro cuscino è l'incertezza, sì, viviamo in bilico tra la speranza di poter essere certi di far parte di un consumismo violento, e la tristezza di sapere, e poche volte essere coscienti, che tutto è effimero, tutto non è stabile, tutto è precario, niente è affidato a noi per sempre, tutto torna alla terra che è primordio ancestrale della vita.
Dietro al libro di Simone si nascondono tanti stati d’animo che effluviano, scompongono, ti scuotono; si sente più volte nel corso del libro il senso di oppressione profondo, spazi angusti per pensieri astratti, telefonate al call center di rara sregolatezza, ma avanti e proseguendo c’è anche una rinascita, una presa di coscienza, un riprendersi in mano le briglie dell’esistenza, la speranza di poter operare nel mercato finanziario, di non essere negletto al fallimentarismo, alla nullità, al chiedersi che cazzo ci faccio io su questa terra, tanto nessuno mai mi si inculerà. Ops, scusate il termine un po’ schietto, ma dietro questo sfogo c’è Simone Montella che alterna stili linguistici differenti, la prima e la seconda persona singolare, quasi per voler entrare direttamente in se stessi, di voler dialogare con quell’io, con quel fanciullo che non si lascia prescrivere nozioni imposte.
Questo libro potrebbe essere inteso un po’ come un manuale di autodifesa, dove la precarietà, l’immobilismo, i piccoli soldati assoggettati di paese, sono prima ostacolo e poi redenzione, coscienza di far parte di un tutto indicibile, reale, che è trama ed essenza di un noi che disegna quella tela che prima era oscura e poco illuminata e dopo trova luce, soluzione, forza d’animo. Il ritrovarsi e rappacificarsi come quel viaggio in autobus e quella spesa consolatoria che sembra poca cosa.
Istruzioni per l'odio
Ass. Culturale Il Foglio
180 pagine
8876063986