su "I pesci non chiudono gli occhi"
Ritorna con le sue metafore tratte dal mondo animale Erri De Luca, autodidatta di vita e di sfuggenti ma palpitanti assiomi, che di quell’esistenza così concretamente colta nel suo divenire restituisce la spontaneità nel movimento dello scrivere. "I pesci non chiudono gli occhi", ultima sua opera, è ancora una volta frammento di frammenti, collana di momenti di cui ogni perla conserva il suo peso e al contempo sfugge, e si vorrebbe non sfuggisse. Ma dalle mani abili dello scrittore partenopeo non sguscia via il tempo altro, quello tagliato, sbocconcellato via da un’infanzia lontana – 1960, nei granulosi paesaggi isolani del Sud – però mai finita, ancora in corso finché è in 'corsa' la memoria. Un’età che presa ad esempio diventa il gancio perché l’autobiografia traini a sé l’universalità di un passaggio: i 10 anni, soglia dell’ibridazione, del lento travaso, del primo dolore realmente concepito. Nella particolarità di una vita a caso si affaccia lo specchio per il riconoscimento di chiunque: De Luca ne tempesta la superficie di stimoli sensoriali, strappi di abitudini fotografate nel loro non-appartenerci ma alle nostre rese comuni dall’odore, dal rumore, dal crepitio familiare della parola con la quale vengono portate alla luce. Quella parola partorita dall’istinto, naturale, profonda, atavica, giusto e quasi indistinguibile equilibrio di dialetto e retorica che privato di una sola delle sue parti non farebbe poesia, come invece fa.
"I pesci non chiudono gli occhi" è, ancora e forse più delle altre volte, una storia di coraggio: coraggiosa e lucida visione del saggio che sa tornare indietro ogni momento a guardare in faccia le metamorfosi vissute, subite, imparate dall’amore senza nome assaggiato in riva al mare, quel sentimento anonimo - ma non per questo meno importante, anzi, verrebbe da dire – che conosce i segreti degli animali. Il movimento è tutto, sembra recitare De Luca fra le righe, sulle onde del Tirreno e attraverso di loro: da un padre a una madre, da un continente a un’isola, da un bambino a una ragazzina, da una mano all'altra, per "tenersi". Fino al sapere com’era non saperne il significato, dopo mezzo secolo.
I pesci non chiudono gli occhi
Feltrinelli
115 pagine
8807018551