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Se non le scrivo, le cose non sono arrivate fino al loro termine, sono state soltanto vissute.

Non mi sento coraggiosa. Scrivo per necessità. Sono i medici e gli infermieri che lavorano ogni giorno negli ospedali sottopagati e in credito di riconoscenza a essere coraggiosi.

Il mio unico scopo, quando scrivo una storia, è raccontarla, diffonderla, perché ho una grande fiducia nel potere della narrazione.

Quel che non riesce oggi forse riuscirà domani, occorre continuare a rischiare e a lavorare, fino alla volta buona, finché la scrittura trova la forma giusta, finché l’amore sarà corrisposto.

La mia ricerca linguistica, inoltre, ha voluto distinguere termini catanesi e palermitani: la Sicilia ha un vasto sottobosco di lingue e codici.

L’ambientazione per me è fondamentale. La Sicilia va anche oltre, perché, che l’autore lo voglia o no, diventa subito un vero e proprio protagonista del libro. Un elemento imprescindibile.

In teoria potrei fare solo la scrittrice, ma è una mia necessità fare il medico. La medicina è l’altra mia passione, un pezzo della mia vita a cui tengo tantissimo. Non mi “vedo” a non fare più l’oculista.

Le lettere sono così. Le parole volano via nel momento in cui vengono pronunciate, ma quelle scritte restano.

La vita sociale non può escludere la politica: se scrivi romanzi sulla vita sociale non puoi non parlare di politica.