Corrono le 6 del pomeriggio

Abbiamo mai capito cosa corre nel parco alle 6 della sera, in questi giorni?
Un merlo, forse, o un lombrico che s’interra rapido perché adocchiato da quell'avido occhio giallo, che laterale e sospettoso, sposta da una parte o dall'altra la testa per centrarlo meglio.
Magari corre ancora un pallone sull'erba lasciando una strisca di lumaca umida per l'ultimo calcio di un ragazzino.
Sai, ancora non sono lunghe le giornate, anche se viene voglia di attardarsi sul far della sera, sospesi e senza pensieri, così, tanto per prendere gli ultimi sapori incerti, prima di una cena che è ancora lontana.
Cosa corre nel parco alle 6 della sera in questi giorni? Corrono anche righe di suoni, che già urtano il percorso del lucido calare della luce, perché certamente il suono viaggia ed è diverso perché l'aria è più calda...
Forse "fluttua"?
Forse perde la sua verticalità a spirale per diventare più rotondo? Forse. Prova ad ascoltare bene... sono forse tutte "oh"?
Non so, perché in realtà, corre di certo anche il pensiero, ma quello sappiamo che corre sempre.
Credo però che corra in maniera differente, un po’ più struggente, appeso all'incomprensibile, appeso come ad un filo di un palloncino, per darci l’aspetto di una figurina di Peynet.
Non pensate (addirittura) ad un pallone aerostatico... non esageriamo, quello succede solo d'estate, in quelle giornate accese come limoni, da cui colano succhi acerbi e metallici, solo un trascinarsi leggero, quasi volando, noi a bassa quota, strusciando appena appena il pavimento con la sola punta del piede e viaggiando senza peso, ancora con la sciarpa al collo, ma con la giacca già slacciata.
Corre anche la voglia di fare una piccola corsa, magari quando non ti vede nessuno, per dare un'occhiata a cosa arriva al bordo del laghetto e raccogliere il fruscìo, già meno crudo, delle erbe palustri tratteggiate da piccolissime gemme verdi pallide, per immaginare di bagnarsi fino alle caviglie, come fanno le anatre, solo per sentire di che sapore è l'acqua, per avere una visione più ravvicinata del centro del lago e far scorrere lo sguardo un po’ più lontano del solito...
Cosa corre nel parco alle 6 della sera in questi giorni?
Fammici pensare... il mio pensiero che si attarda con il secchiello e la paletta e con la sabbia nel cerchio di giochi al centro del parco, quello adatto ai bambini, che non era come la sabbia del mare e mi sembrava sciocco già da allora perché... (accidenti) non si potevano fare sculture di sabbia, come quelle meravigliose che tentavo di imitare da piccola, che erano fatte da quei poveri madonnari, al paese di mio padre nelle Marche, che sulla sabbia in riva al mare, creavano con la rena umida degli splendidi altorilievi, con Madonne e Bambinelli al seno, circondate da cornici bellissime entro le quali lanciare piccole monetine... l'alta marea arrivava a lambire pian piano quei capolavori inauditi e pian piano se li mangiava tutti ... quel mare... ma tanto era ora di andare a casa a mettere un piatto di povera minestra sulla tavola.
Non erano barboni, nemmeno anziani pensionati ma giovani artisti, uomini, ragazzi, che sembravano anche un po’ felici nel loro sogno d'arte, perché di arte si trattava e di abilità eccezionale, non imbarazzati a mendicare, perché compresi in un sogno, che durava lo spazio di due ore, a cavallo delle 6 di quei pomeriggi d'estate (perché, prima, il sole l'avrebbe polverizzati e più tardi, invece, si sarebbe fatto troppo scuro.)
Poi, loro, accovacciati come in preghiera, sapevano bene che con il loro secchiello nell'altra mano
(forse raccolto da qualche dimenticanza di un bambino sulla riva del mare) potevano inumidire continuamente le forme lisce e splendide dei volti modellati, bagnandole con quell'acquasantiera improbabile ma efficace di acqua salata, sapevano bene, dicevo, che a quell'ora i fidanzatini amavano fare due passi in riva al mare e si sarebbero fermati e incantati nel guardare, avrebbero poi lasciato cadere qualche soldino, attenti a non sfiorare la scultura di sabbia, ma chinandosi con rispetto.
Forse, si sarebbero stretti tra loro di gioia contenuta e profonda, in un attimo d’intimità nel vedere tanta bellezza, a quell'ora, sul mare Adriatico, un mare speciale che lascia strisce di tramonti capovolgersi in un attimo trionfante, come uno specchio rivoltato all'insù e lentamente insieme a quella palla di fuoco, affogarsi all'orizzonte.
Mentre nel mutare di infiniti colori, morbidi, delicati o infiammati e, sfoderando tutta la gamma dei verdi, dei rossi e degli arancioni, consentire pian piano al viola della sera di raffreddare tanta passione, per calarsi infine a fondo abbracciando l'ultimo spicchio di sole.
Però, a quest’ora, anche la pelle di due cavalli sta mutando e, anche se te ne sei accorto solo adesso, sta succedendo da diversi giorni.
Opposti, guardando uno a ovest e l'altro a est, le narici grandi e frementi al vento tiepido che si ammorbidisce e porta soffi leggeri, spostano così l'erba in piccoli mulinelli, sussurrando calore e sollievo ai giovani trifogli.
Appoggiati l'un l'altro e opposti nel guardare, la pupilla orizzontale che medita sulle noiose crusche ormai passite, muovono i crini coi movimenti rapidi della pelle, resa leggera dal pelo che cambia a piccole ciocche, mostrando il raso prezioso e finissimo del mantello estivo.
Le fruste delle code aiutano il muso dell'altro, cacciando le ultime mosche dalle labbra morbide e dalle ciglia lunghe dello sguardo.
Mentre la luce si spiana cadendo d'orme larghe e trasparenti di sovrapposti ristagni, l’ombra di quei cavalli raderà il campo e la collina con il segno lungo e grafico di quelle caviglie incredibilmente sottili sopra gli zoccoli piegati e stanchi, che eleganti e fiduciosi si appoggeranno gentili al compagno, godendosi la sera che scende, mentre disegnano grafiche sagome azzurre sull'erba.
Immobili si chiuderanno ben presto nella notte, confondendosi con le altre.
La luna contornata di lattiginose trasparenze, seria e metodica, per sempre Dea di nessuna preghiera, si velerà a quest'ora, impaziente in attesa, dall'altra parte del cielo.