Dal secondo libro della mia trilogia fantasy La Stirpe di Luce, nello specifico Le Origini

<Ahahahahah...> risuonando dal piano superiore, la risata argentina della bimba interruppe il corso dei suoi pensieri.

<Maire, dove ti sei cacciata?>

<Sono qui, mammina>

<Amore, che cosa stai facendo nella mia camera? Dov'è andata Brigida?>

<A sistemare la mia stanza, ma io sono rimasta qui per giocare con il bambino.>

<Con il bambino!? Quale bambino? Qui non c'è anima viva, oltre a noi, tesoro.>

<È lì mamma, guarda: è in braccio alla sua mamma. Vedi com'è piccolo e carino?>

<Maire, adesso basta con questo scherzo. Hai forse intenzione di spaventarmi? Guarda che ci riesci molto bene!>

<Davvero non lo vedi, mammina?>

<Maire, ti ho detto che adesso è il momento di smetterla con questo stupido gioco!> sbottò, intanto che una strana ansietà la stava pervadendo.

<Mammina, è la verità... Credimi, non ti sto dicendo una bugia>, le asserì, la piccola, piangendo.

<Non piangere, cara. So che talvolta i bambini si inventano degli amichetti immaginari.>

<Ma lui non è immaginario! Mamma, la signora adesso sta cantando una ninna nanna, per far addormentare il bambino. La senti?> le chiese, prima di iniziare a intonare la soave melodia che aveva fatto parte integrante degli assurdi incubi di sua madre.

<Dove hai udito questa musica?> le domandò, vivamente perplessa.

<Dalla signora. La canta sempre a suo figlio, quando piange.>

Il panico percepito stava crescendo a dismisura dentro di lei, analogamente a un'onda improvvisa sul punto di sommergerla. Con immane fatica, cercò di contrastare la perdita del controllo della propria mente, nel non lasciar trapelare l'impulsiva reazione di terrore, di modo che questa non fosse trasmessa a sua figlia, seppure, al di là dei suoi sforzi, la voce non intendesse uscire dalla sua gola fattasi asciutta.

<Ti è capitato di rivolgere la parola alla signora?>

<Certamente, discorriamo spesso.>

<Davvero? A che proposito?>

<Mi ha confidato che è costretta a rimanere in questo posto, perché non ha possibilità di andarsene via. Però, non capisco bene il motivo... La porta è lì e non le resta che aprirla!>

<Nient'altro? Ti ha riferito il suo nome?>

<Sì, si chiama Caitlin e il suo bambino, Sean. Mi ha detto che vive lì dentro da tanto tempo... Però, non ho capito bene...>

<Allora, non sai dove.>

<Solitamente indica quel muro, quando ne parla. Forse intende nell'altra camera.>

<Sì, potrebbe essere così>, le affermò, mentre un tremito violento si impossessava del suo corpo. A quel punto, possedeva la certezza che Maire non mentisse.

<Sai, mamma, la conosci anche tu.>

<No, amore, ti stai sbagliando.>

<Ma no, mamma; è la ragazza che sorride, in uno dei quadri della biblioteca.>

<Ne sei sicura?>

<Sì. È molto bella, non è vero?>

<Sì, bellissima, tesoro. Ma, adesso, andiamo un attimo di sotto. Dammi la mano>, la esortò, prima di dirigersi al piano inferiore a passo svelto, quasi correndo, in biblioteca di fronte al quadro menzionato dalla propria figlia.

<Osservala bene... Non hai alcun dubbio che la donna a cui ti riferisci sia la stessa raffigurata nel ritratto?>

<No, mammina. È proprio lei, anche se non indossa quel bel vestito, ma una tunica bianca che sembra una camicia da notte.>

<Probabilmente, la è. Bene, amore, adesso vai pure a giocare. La mattina volge al termine ed è quasi l'ora di pranzo>, le comunicò, prima di tornare di sopra e sedersi un momento, attonita per qualcosa di impensato. La stanza le ruotava attorno, mentre cercava di riacquistare la propria razionalità senza peraltro riuscirvi.

“Signore benedetto, ti scongiuro, fa che non sia ciò che la mia mente rifiuta di immaginare, fa che le mie deduzioni siano errate. Te ne prego... È oltremodo spaventoso, concepire una così orrenda fine... Amelia... Ho assoluto bisogno di lei e con la massima urgenza!” considerò, affrettandosi a chiamare l'anziana tata con un'angoscia che le toglieva il fiato.

<Ailina, dov'è tuo marito?> le domandò, concitata.

<Fuori in giardino, Vostra Grazia. Sta prendendosi cura delle piante e dei fiori.>

<Non è essenziale, visto che siamo in procinto di andarcene. Ho bisogno di lui; vai a chiamarlo, presto.>

<Subito, Signora Duchessa>, le rispose, accingendosi a eseguire l'ordine.

Non appena arrivò l'anziano servitore, gli si rivolse con un atteggiamento per lui inconsueto: <Fearghus, devi recarti dalla Signora Higgins per pregarla di venire immediatamente. Comunicale che si tratta delle voci, lei capirà. Fai il più rapidamente possibile!>

<Ai vostri ordini, Vostra Grazia>, le rispose, prima di allontanarsi senza indugio.

Cercando di uccidere la snervante attesa, nel frattempo prese a camminare avanti e indietro nelle adiacenze del maniero divenuto ai suoi occhi maggiormente tetro.

Un'ora e mezzo le parve interminabile, quando gli zoccoli dei cavalli e le ruote sul selciato annunciarono l'arrivo della carrozza, dalla quale Amelia, già discendendo, realizzò quanto la giovane duchessa fosse agitata.

<Finalmente siete qui...>

<Che cos'altro è accaduto, per sconvolgervi tanto?>

<Venite, andiamo al piano superiore. Intanto, vi metterò al corrente di un fatto inimmaginabile; non crederete alle vostre orecchie>, le comunicò.

Allorquando terminò la narrazione, concernente l'assurdo episodio, si mostrava maggiormente stupita per l'immutata espressione della sensitiva, di quanto la fosse stata costei nel corso di codesta.