Genova

Ho settant'anni, quando ne avevo poco più di venti percorrevo il ponte Morandi in auto per andare a Genova e poi a Camogli. Mi faceva impressione, come ogni cosa così mastodontica e così sospesa. Ma con me c'era lui, la sua mano stringeva le mie, il cuore si preparava a quelle sere speciali, uniche. Quando arrivavamo sul ponte io sapevo che la meta era vicina, la meta d'amore. Il vento trafiggeva Genova come quasi sempre, e, mentre lui si dedicava al suo lavoro, io camminavo lungo Via XX Settembre guardando le vetrine dei negozi in cerca di qualcosa di unico, di speciale, per sorprendere lui, per esternare tutto l'amore che sentivo. Un regalo, un regalo che poi gli avrei dato più tardi, di sera, a Camogli. Non mi importava del vento che quasi mi impediva di camminare, il profumo di una città che amo così tanto mi inebriava. Percorrevo le strade che avevo conosciuto  per mano a mio padre, da piccola, quando mi portava a far visita ai parenti, nella sua città, nel suo mondo. Quando mi portava al mare e mi comprava i fichi neri con la focaccia. Io, ormai adulta, ero di nuovo lì, col mio amore, e lì mi sentivo a casa, sempre a casa mia. Santo Cielo, quanta emozione, quanto di me, quanto di lui, quanto di Genova! E adesso casa mia è ferita, è ferita gravemente,  il mio cuore è spezzato, e  mi tocca rivivere quei momenti e scoprirli così lontani.