Gli esami di maturità

La scuola stava per chiudere i battenti ma non per noi che avremmo dovuto studiare e prepararci agli esami di stato per conseguire il diploma magistrale, titolo sufficiente a quei tempi per accedere all’insegnamento nelle scuole elementari.
Eravamo in fibrillazione, tutte noi amiche puntavamo ad un buon risultato non fosse altro che per dare una soddisfazione ai nostri genitori.
Ero arrivata al quarto anno con un percorso netto sempre promossa anche  se con voti modesti.
Invece la mia piccola amica Paola era un’alunna brillante con voti altissimi dall’otto al dieci.
Nonostante il suo profitto così gratificante, si lamentava di non comprendere la filosofia insegnata, nella sua sezione, da un filosofo e non da un semplice docente. Quando veniva interrogata, in questa materia, ripeteva gli argomenti un po’ memonicamente spesso senza sapere cosa stesse dicendo... e questo le creava ansia.
Pensava agli esami quando qualche membro della commissione avrebbe potuto chiederle qualcosa in più...
Più ci avvicinavamo agli esami più vedevo negli occhi di Paola un certo interesse quando raccontavo delle lezioni di filosofia tenute nella mia classe da una docente giovane che si era aggiunta ai colleghi verso la metà del primo quadrimestre.
Paola mi chiese se volessi preparare insieme a lei il programma d’esami relativo alla filosofia...
Eravamo in due sezioni diverse, non ricordo se gli argomenti d’esame fossero unificati e uguali per tutte le sezioni, comunque risposi subito di sì.
Quella richiesta non solo aveva in sé un riconoscimento alle mie capacità ma mi rendeva felice al pensiero di passare qualche ora in più insieme in un periodo noioso e lungo come quello che ci separava dagli esami.
Finite le lezioni cominciammo a studiare insieme.
Ricordo gli attimi, il sole accecante dell’estate, anche i vestiti che indossavo quando a piedi mi recavo a Casalbertone, un quartiere vicino al mio dove Paola si era trasferita con la sua famiglia.
Mi tornano in mente le risate, i momenti di spensieratezza; ricordo anche le nostre voci che si alzavano per sostenere le posizioni diverse su qualche argomento e, non avendo né io né Paola una dose elevata di modestia, non recedevamo facilmente dai nostri punti fermi.
Studiammo. Tutti i giorni, un po’ a casa mia e un po’ a casa sua, ci sottoponemmo a un “tour de force” che però sopportavamo con piacere.
Sostenemmo gli esami...
Paola sulla pagella, alla voce “Filosofia” vide campeggiare un bel “9” mentre nella mia appariva un modestissimo “sei” che ebbi solo per l’intercessione del membro interno della commissione che era, appunto, la mia professoressa di filosofia.
Paola quando ricorda dei nostri esami di filosofia non riesce a parlarne perché ne ride e ne ride giustamente.
Mi continuo a chiedere ‐E’ stato merito mio o avrebbe avuto lo stesso risultato senza le mie “lezioni”.‐
Lezioni che Paola ancora ricorda con le immagini e i paragoni sapienti, tipo “la mano non può com‐prendere se stessa”, che io avevo appreso dalla mia professoressa e che seppi trasmetterle tanto bene quanto non seppi io farne tesoro.