Lei, la casa.

La fredda serata invernale invogliava a starsene al caldo sul divano e a Lei, la casa, piaceva quella sensazione di famiglia, riunita dopo un'intensa giornata. L'uomo lavorava in una piccola officina di paese, mentre la donna era impiegata part‐time all'ufficio postale, lavoro che le permetteva di seguire i due figli adolescenti impegnati nello studio e nelle loro attività extrascolastiche. Di lì a qualche mese la figlia avrebbe affrontato gli esami di maturità, mentre il fratello frequentava la quarta superiore con alcune difficoltà. A volte i due giovani non seguivano le direttive dei genitori e in loro assenza trasgredivano ad alcune regole ma senza eccedere. La ragazza ogni tanto ospitava il suo fidanzato e alcuni pomeriggi, programmati per studiare, finivano in cameretta sotto le coperte mentre Lei, la casa, si divertiva ad osservare i tentativi della giovane di nascondere le tracce e le altrettante volte in cui la madre scopriva tutto tenendolo nascosto al marito perché non gradiva, anche se probabilmente aveva dei sospetti ma faceva finta di niente. Ma Lei, la casa, lo vedeva, lo sentiva brontolare e anche quando lui riprendeva i figli, Lei sentiva tutto l'affetto che l'uomo provava per loro. Adesso i due genitori erano comodi sul divano, lui che massaggiava le gambe stanche della moglie mentre lei faceva il resoconto della giornata e alla tv stava passando uno speciale sull'ennesimo cataclisma tropicale. Osservavano quelle scene raccapriccianti eliminandole automaticamente dalla loro mente; spesso, purtroppo, i ritmi imposti dalla vita non lasciavano spazio ai problemi altrui. Eppure un'immagine attirò l'attenzione della donna che si irrigidì all'istante, colpita nel suo animo sensibile; scena che invece era sfuggita al marito intento a massaggiarla e ad ascoltarla, perciò la reazione della moglie lo sorprese.
"Hai visto? Caro, hai visto quelle immagini?"
"Quali in particolare? Sono 20 minuti che passano scene tremende"
"No, no. Quell'immagine, le due donne che si sono abbracciate dopo aver fatto il segno della croce e sono poi state travolte dal fango"
"Avranno affidato la loro anima al signore consapevoli della fine imminente"
"Infatti. Sono state lucide fino alla fine, niente isterismi, niente pazzie, un segno della croce che è il gesto di fede estrema e poi un abbraccio a significare che la morte non le avrebbe separate"
"Si, forse è così,o forse la tua fervida immaginazione ti fa interpretare dei semplici gesti come avvenimenti eccezionali, ma in fondo il tuo animo gentile è più delicato del mio" Si amavano.
I ragazzi erano nelle rispettive camere; la figlia stava finendo una ricerca da presentare a scuola mentre il fratello era impegnato in una conversazione telefonica con il suo amico del cuore. Lei, la casa, sapeva delle sue inclinazioni affettive e spesso condivideva i suoi difficili momenti. Essere gay non era un peccato, la società moderna sbandierava apertura e accoglienza per chiunque, ma nella realtà quotidiana era difficile far capire la propria situazione, rischiando di essere marchiati a vita. Sentire la sua voce melodiosa e felice impegnata in quella conversazione, faceva comprendere come la vita non rendesse giustizia a tante persone e Lei, la casa, avrebbe voluto far vedere quelle scene e sentire quelle parole al mondo intero e forse anche i cuori più duri si sarebbero inteneriti, ma non poteva far nulla.
In sala i due genitori avevano cambiato canale; basta disastri, basta lacrime. Adesso stavano guardando una commedia con forti risvolti comici, era venerdì sera e avevano voglia di rilassarsi. Si accese la luce, la figlia aveva l'aria stanca di chi ha studiato parecchio.
"Hai un'aria stravolta tesoro, fai una  pausa?"
"Si mamma e mi preparo una tisana calda"
"Tuo fratello?"
"E' in cmera sua, al telefono"
"Con il suo amico?" Chiese il padre.
"Si papà" Calò il silenzio e la ragazza si rifugiò in cucina. Lei sapeva della storia del fratello e lo sapeva anche sua madre, mentre il padre aveva solo dei forti sospetti; l'uomo non soffriva di questa cosa, voleva bene al figlio e avrebbe sostenuto qualsiasi sua scelta. Soffriva invece del fatto che non lo coinvolgessero direttamente nella faccenda, forse temendo la sua reazione. Strinse forte la mano della moglie che, capendo il suo stato d'animo, ricambiò la stretta.
Era una famiglia unita, le tribolazioni quotidiane cementavano ogni giorno di più il loro rapporto e Lei, la casa; era in prima fila a godersi lo spettacolo della vita.
Il ragazzo era ancora al cellulare, ultimamente faceva sempre più fatica a chiudere la conversazione; parole dolci e sincere, fra due cuori aperti. Era bello sentire quella gioia, priva di censure perché protetta dall'intimità della sua camera ma il mondo, fuori dal nido, era ben altra cosa. Alla fine chiuse la telefonata e strinse il cellulare a se; era un ragazzo dolcissimo e Lei, la casa, lo adorava.
Il ragazzo decise di andare in cucina a farsi uno spuntino e trovò la sorella intenta a bere una tisana fumante, i loro sguardi si incrociarono e lui abbassò il capo.
"Parla con papà, è giusto che anche lui sappia" Disse la ragazza.
"Cosa dovrebbe sapere?" Rispose seccamente il fratello.
"Non fare il finto tonto, lo sai a cosa mi riferisco"
"Non posso"
"Perché?"
"Perché non posso, non voglio"
"Hai paura? Vergogna?"
"O cazzarola quante storie! Non voglio, punto"
"Non è scemo, capisce e soffre, si sente tagliato fuori"
"E allora? Vado da lui e gli dico <papà, sono frocio> è questo che devo fare? Mi devo umiliare davanti a lui?"
"Non capisci una mazza, ti vuole bene, non sarebbe umiliarsi davanti a lui ma renderlo partecipe"
"Ha sempre avuto idee strane a riguardo"
"Ma ha sempre detto che il mondo è vario e che alcune cose sono più grandi della sua comprensione"
"Non ora, ci devo pensare"
"Ha chiesto di te prima, parlaci" In quel momento entrò in cucina la madre.
"Ecco i miei tesori" Era sorridente, poi notò le loro facce scure e chiese sottovoce:
"Qualche problema?"
"Ho detto che deve parlare con papà" Disse la figlia. I tre restarono in silenzio, soppesando quella ipotesi.
"Si, è giusto che vi parliate, da uomo a uomo"
"Ma mamma!?" Imprecò il figlio.
"Si, da uomo a uomo" Confermò la madre. Si servirono qualcosa da bere e da mangiare senza più dire una parola. Quante volte Lei, la casa, aveva assistito a scene del genere; anche in una famiglia dove ci si vuole bene captano dei momenti di tensione e spesso il silenzio evita di peggiorare la situazione. Avevano parlato liberamente esponendo i propri pensieri, cosa sempre più rara al giorno d'oggi e Lei, la casa, aveva la fortuna di vivere le loro emozioni e di sentire il loro calore, tutti i giorni.
"Va bene mamma, hai ragione, devo affrontare questa cosa da uomo" La donna si commosse e i suoi occhi diventarono lucidi. Anche la figlia fu scossa da un fremito lungo la schiena e istintivamente afferrò la vicina mano della madre. Erano quelle le scene preferite da Lei, la casa, quando i sentimenti veri riempivano ogni anfratto rendendola felicissima.
La madre si avvicinò al figlio.
"Noi andiamo in camera, stai tranquillo, tuo padre ti vuole bene" Lo baciò teneramente sulla testa e si avviò verso la camera matrimoniale e anche sua sorella lo baciò, senza dir nulla.
Adesso Lei, la casa, era curiosa di vedere cosa sarebbe successo. Il ragazzo sembrava deciso e il padre era in sala, seduto sul divano, come se lo aspettasse. Uscì deciso dalla cucina e si diresse dal padre avvicinandosi a lui senza far rumore.
Il genitore si accorse della sua presenza e accese la lampada poggiata a lato del divano, i due si ritrovarono faccia a faccia a pochi centimetri di distanza. Il figlio respirò a fondo e poi disse tutto d'un fiato:
"Papà ti devo parlare di una cosa importante e vorrei che tu mi ascoltassi" Temendo la reazione del genitore, si strinse tra le spalle abbassando la testa, in modo da proteggersi. Il padre capì quel gesto ed ebbe un sussulto di vergogna <Ma che razza di padre sono se mio figlio ha paura di parlarmi?> Pensò rabbuiandosi in viso; suo figlio gli aveva chiesto una cosa, doveva rispondere.
"Sediamoci. Dimmi cosa ti turba, non avere paura ne tantomeno vergogna, sono tuo padre e prima di tutto voglio il bene della mia famiglia" Il ragazzo allentò la tensione e si mise a sedere sul divano con suo padre. L'uomo apprezzò quel gesto e parlò per primo.
"Prima che tu parli, voglio raccontarti una storia. Non la conosce nessuno, nemmeno tua madre. Sai quanto le voglio bene, ma ho tenuto questo segreto per tutti questi anni e penso che tu, adesso, abbia la maturità e l'intelligenza per capire ciò che sto per dirti e sono altrettanto sicuro che terrai questa storia per te" Fece un grosso respiro prima di proseguire "Avevo più o meno la tua età, non andavo a scuola, lavoravo in officina come apprendista. Il figlio del mio capo aveva un paio d'anni più di me, vestiva sempre elegante e guidava macchine che io apprezzavo solo sulle riviste. Ogni tanto scendeva in officina e si fermava a parlare con me, aveva un carattere espansivo e spesso mi abbracciava con forza mettendomi tremendamante in imbarazzo; per prima cosa era il figlio del padrone e non volevo si pensasse che fossi un perditempo, ma il motivo principale della mia vergogna era che in paese girava voce che fosse gay. Oggi sembra ridicola la cosa, ma ai tempi, se ti marchiavano, restavi segnato a vita e io non volevo sentirmi dire frocio per il resto dei miei giorni. Sta di fatto che lui veniva a trovarmi sempre più spesso, anche fuori dall'orario di lavoro. Conoscevo già tua madre e anche se non eravamo ancora fidanzati a sua insaputa ho finto spesso di esserlo pur di far capire al figlio del mio capo che non mi interessavano gli uomini.
Una sera eravamo al bar, era piuttosto tardi ed eravamo restati in pochi amici, le ragazze erano già andate a casa e tutto ad un tratto arrivò lui, al volante di una spider e visibilmente ubriaco. C'erano anche due donne, due prostitute e i ragazzi pensarono che volesse far colpo su di noi, ma io sospettavo che il motivo fosse un altro. Alcuni giorni prima mi aveva fatto una dichiarazione; quel pazzo si era innamorato di me.L'educazione ricevuta dai miei genitori, i tui nonni, mi impose di mantenere una calma che in quel momento mi sembrò fuori luogo. Avrei voluto gridargli in faccia di togliersi dalle scatole, che io non ero frocio e che lui poteva andare a prenderselo in quel posto da un'altra parte, ecco cosa avrei voluto dirgli. Invece mi limitai a rispondere vagamente senza metter in chiaro le cose, forse stavo difendendo il mio posto di lavoro. Non la prese male, anzi, disse che la cosa lo eccitava e quella sera al bar ne era la dimostrazione. Il giorno successivo, in officina, ancora annebbiato dai fumi dell'alcol tornò alla carica e io persi la pazienza; lo insultai pesantemente, alcuni operai presenti si avvicinarono per capire cosa stesse succedendo e non mi accorsi che c'era anche suo padre; per farla breve fui licenziato e non seppi più niente di loro. Dopo circa un anno trovarono il ragazzo impiccato nell'officina del padre, nessun biglietto, nessuna spiegazione. La notizia fece rapidamente il giro del paese e alla sera tutti sapevano dell'accaduto. Il giorno seguente mia mamma mi consegnò una raccomandata indirizzata a me, arrivava dalla capitale. La aprii con curiosità, chi mi scriveva dalla capitale? Restai di sasso, era lui, poche parole ma dritte al cuore: <Ti amavo veramente, ma il TUO destino era un altro. Non piangermi, ricordati di me> Nessun accenno, niente nomi, ma io sapevo che era lui. Quell'evento mi segnò profondamente, non so dirti se positivamente o meno. Oggi però penso di essere pronto a qualsiasi cosa" Il figlio l'aveva ascoltato attentamente, senza mai interromperlo, sentire il padre confessare il suo segreto lo aveva meravigliato: lui, l'uomo tutto d'un pezzo, aveva aperto il proprio cuore al figlio.
Lei, la casa, avvertiva chiaramente la tensione e l'emozione dei due uomini emanava una tale energia da far risplendere la stanza mentre Lei si beava di tutto ciò. Il ragazzo si avvicinò al padre e con un gesto affettuoso lo abbracciò e gli sussurrò nell'orecchio "Papà, sono gay" E poi scoppiò in lacrime, anche il padre prese a piangere e l'abbraccio tra i due si fece intenso, quasi a voler fondere le proprie sensazioni l'uno con l'altro. Poi il padre baciò il figlio in testa e con voce strozzata dal pianto riuscì a dire "Grazie figliolo, grazie. Tuo padre è qui, con te. Ti voglio bene, sempre e comunque" Continuarono a piangere e a tenersi abbracciati per parecchi minuti poi l'uomo disse al figlio di andare a riposare e di star tranquillo, la sua famiglia era con lui. Il ragazzo raggiunse la sua camera e prima di coricarsi inviò un messaggio al suo amico del cuore.
Nel frattempo il padre aveva raggiunto la moglie che era sveglia ad aspettarlo; dalla faccia del marito capì che si erano parlati "Vi siete chiariti?" Chiese lei speranzosa "Più di quanto immagini tesoro, credimi, più di quanto immagini" "Si sdraiò nel letto e i due si addormentarono abbracciati.
Quante emozioni quel giorno e che rivelazioni alla sera. Adesso erano tutti nel letto, soto le coperte. Fuori la temperatura si era leggermente alzata e grossi fiocchi di neve avevano cominciato a ricoprire le superfici ghiacciate. Dormivano, circondati da quel silenzio irreale che si crea quando nevica forte, nel giro di qualche ora sarebbe stata mattina e una nuova giornata avrebbe accompagnato il cammino di quella famiglia che le regalava gioia e serenità. Avrebbe pensato Lei a proteggerli e coccolarli, con il suo calore, con la sua intimità. Si dice che quattro mura e un tetto sulla testa bastano per vivere, ma Lei non era solo un tetto e quattro mura; Lei era la loro casa e loro la sua famiglia.