Qualcosa nella nebbia...

Non ero ubriaco. Non ero ubriaco, per Dio! Ve lo giuro, dovete credermi…
Scusatemi. Non dovrei esprimermi in questo modo, lo so, ma ogni volta che ci ripenso reagisco così. Forse cerco di convincere più me stesso che chi mi ascolta. Convincermi che quello che è successo quella notte non sia stato un sogno o un'allucinazione.
Oh, in quanto a questo ho le prove, fin troppo evidenti: una lapide in più al Cimitero Maggiore. Ma quel che è più importante è convincere voi e me stesso che le cose sono andate come ricordo. Di questo non ho uno straccio di prova, solo il cielo mi è testimone.
Certo, potrei essere seriamente fuori di testa e allora la cosa migliore per me sarebbe un lungo soggiorno all'Ospedale dei Colli. Magari fosse così!
Purtroppo ho la certezza che quei fatti sono accaduti veramente e non c'è difesa da forze che prescindono da ogni logica razionale, dal concetto stesso di realtà che l'uomo si è costruito nel corso dei secoli.
Ecco, lo sapevo, mi sono fatto prendere dalla foga. Probabilmente a quest'ora starete pensando, perlomeno, che io sia uno di quelli che parlano tanto per sentire in bocca il gusto dell'aria.
Permettetemi allora di raccontarvi la mia versione dei fatti di quella notte, che non è quella che pubblicarono sul Mattino di Padova! Poi potrete mandarmi al diavolo, se vorrete, non starò certo peggio di adesso.

Era una sera di dicembre, giusto qualche giorno prima di Natale

"A Natale bisogna essere tutti più buoni…"
"Si mamma"

Io e il mio amico, del quale tacerò il nome per rispetto alla sua memoria, eravamo appena usciti da un pub dove ci eravamo scolati un paio di birre a testa.

Non siamo mica sbronzi, eh?
Ci guardavamo intorno mentre io mi chiudevo nel mio piumino e lui si alzava il bavero del cappotto. C'era una gran nebbia quella sera, uno di quei banchi enormi che si adagiano sulla città
Come una bella donna su un grande letto
e non ti fanno più vedere niente. Il fiato che ci usciva di bocca era talmente denso da farci sembrare dei comignoli ambulanti. Le volute si perdevano dopo pochi centimetri nel mare lattiginoso in cui ci muovevamo. Eravamo all'inizio di Riviera San Benedetto
Benedetti siano i santi!
più o meno vicini all'incrocio con Corso Milano, e andammo in giù, verso Riviera Paleocapa.
Dopo un centinaio di metri, però, il mio amico si stufò di andare alla cieca e disse che bisognava "cercare qualcosa di stabile lungo la via". Lo guardai senza capire: non era nuovo a queste uscite sibilline, che alla fine però avevano sempre un significato concreto.
C'è un ponte pedonale che cavalca il canale e collega Riviera San Benedetto a Riviera Mussato: spesse assi di legno su uno scheletro di ferro, e su quel ponte

maledetto ponte maledetto ponte maledetto ponte maledetto ponte

il mio amico si fermò. Si appoggiò alla ringhiera e si mise a guardare in basso, cercando di scorgere l'acqua che sotto di noi si sentiva lentamente fluire.
Passavano poche macchine e i loro rumori, già esigui, venivano ulteriormente smorzati, attutiti dal fitto cuscino di vapore che si stendeva tra noi e loro. L'illuminazione nelle vie laterali padovane non è eccezionale già quando il tempo è più secco
Se qualcuno ti aggredisse non lo vedresti nemmeno
ma in quell'immenso acquario nel quale ci sentivamo immersi, colava giù lento e denso dai lampioni solo un chiarore pallido e diffuso.
Ciononostante, riuscimmo a scorgere l'acqua sotto di noi. Scura, color del petrolio greggio, fluiva lenta. Pareva che la nebbia che sembrava scaturirne, fumigando come i vapori delle terme, avesse rallentato un po' anche lei. In effetti sembrava strano tutto quel fumo che saliva, sembrava quasi che lì sotto qualcosa respirasse.
Per il resto parlammo poco quella sera. Non sapevamo che sarebbe stata l'ultima. In quel momento qualche parola ogni tanto bastava ad entrambi per capire su che frequenza fosse sintonizzato l'altro.
100. 500 megahertz, in FM Stereo, per tutta la città… Radio Urlo!
Ascoltavamo lo sciabordio dell'acqua sui piloni e probabilmente pensavamo entrambi ai fatti nostri, alle donne, alla vita
alla morte…
Improvvisamente, nel silenzio che era calato pesante intorno a noi, con un tono di voce talmente cupo che mi sorprese, il mio amico esordì:
‐ Ti ho mai raccontato com'è morto mio fratello? ‐
Sapevo che suo fratello era morto qualche anno prima, a quell'epoca non ci conoscevamo ancora e non gli avevo mai chiesto niente sull'argomento. Ci sono cose che non si chiedono ad un amico, neanche al più intimo.
"Rispettare i sentimenti altrui, figlio mio, è già una forma di rispetto"
"Si papà"
Il mio amico guardava fisso l'acqua, come se vedesse oltre la superficie, oltre l'acqua stessa, fin nelle più profonde viscere della terra. O in fondo alla sua stessa anima.
‐ Annegato. Durante un'uscita col windsurf sul mare quasi in tempesta. Il pericolo lo eccitava, diceva ‐
continuò,dopo il mio silenzio,
‐ immagino dovrebbe essere terribile ammetterlo, ma non ho mai sofferto per lui –
poi, con un tono più aspro ‐ era uno stronzo, uno di quelli che pensano che tutto gli sia dovuto per il semplice fatto che loro sono lì. Anzi, vuoi saperla tutta? –
Stava quasi gridando. Si girò di scatto e mi fissò con uno sguardo che non gli avevo mai visto. Per un attimo temetti che mi avrebbe spaccato la faccia se solo gliene avessi dato un pretesto.
‐ Quando l'hanno tumulato, il giorno del suo funerale, i miei erano distrutti, ma io pensavo "eccoti qua brutto stronzo, l'hai trovata finalmente una cosa che non puoi fare, qualcosa che non ti è permesso avere. L'hai trovato alla fine qualcuno che t'ha detto NO. Che ti serva di lezione per la prossima volta che tornerai a rompere le palle da queste parti". Ecco cosa pensavo! –
Ora era completamente girato verso di me, i pugni serrati. Lo fissavo senza lasciarmi scappare una sola parola. Avevo l'impressione, non so perché, che in quel momento lui non stesse vedendo me, ma qualcun altro
Il fratellino tanto cattivo e tanto morto
Ad un tratto, nel silenzio ovattato, mi parve di udire qualcosa, un suono che lì per lì mi fece venire in mente un remo che affonda nell'acqua. Il mio amico aveva sempre lo sguardo furioso e mi fissava, mi fissava come a sfidarmi. Come se avesse potuto sfidare un esercito intero…
E' qui vicino
La bomba atomica…
Proprio qui sotto
Il diavolo in persona…
s'è fermato
ma non quello! Non LUI!
Dalla nebbia alle mie spalle giunse improvvisamente il suono di un passo sulle assi del ponte che mi fece trasalire violentemente. Un passo pesante, lento, strascicato, inesorabile.
Chi c'è sul ponte?
Mi volsi di scatto in quella direzione per guardare in faccia lo spiritoso che immaginavo, ma… Rimasi congelato, bloccato, con gli occhi sbarrati. Davanti a me, a meno di un passo c'era un incubo reale…
Gocciolava acqua sul ponte, la carne come sciolta, disfatta, di un colore indescrivibile. Il viso come inflaccidito. Sembrava che la pelle dovesse cascargli dalla faccia da un momento all'altro
Ma è una faccia questa?
Gli occhi svaniti, sprofondati in due orbite vuote, nere, senza fondo. Le labbra, letteralmente sparite, lasciavano scoperta una doppia chiostra di denti ancora bianchi
guarda, sembra che sorrida, forse è contento
Non so quanto tempo rimasi immobile a fissare quel…quel…quella cosa! Non potrò più dimenticarlo! Quando allungò le braccia
Dita scarnificate… brandelli di carne marcia penzolanti
la mia mente si spense.
Ricordo solo che urlavo e correvo senza sapere né dove né quando né perché. Correvo.
Vedevo ovunque ombre venire verso di me e cambiavo direzione correndo ancora più forte. Non so quanto tempo corsi.
Mi hanno detto che mi trovarono all'alba quelli della nettezza urbana, rannicchiato in un angolo dentro il portico di un palazzo, sotto un sacco vuoto di plastica nera, incapace di parlare e capire, tremante come una foglia...
Questa è la storia di quella notte che non troverete scritta da nessun altra parte, perché non è rimasto nessun altro a raccontarla a parte me.
Il mio amico? Si, c'era anche lui!… Lo trovarono quella stessa mattina a faccia in giù, nell'acqua, dall'altra parte del ponte. Per qualche motivo la corrente non se l'era portato via. A prima vista sembrava annegato ma il referto dell'autopsia diceva "per arresto cardiaco precedente la caduta, probabile causa della stessa".
Quando rimanemmo da soli per un attimo, il medico legale mi chiese se fosse successo "qualcosa di strano" quella notte, perché "a giudicare dalla sua espressione", disse, il mio amico sembrava "morto di paura".
Cercai di spiegarglielo, ma rispose che risentivo ancora dello shock, del crollo psichico, del trauma… Cosa ne sanno i dottori!
Da allora la notte non dormo se non con una lampada accesa e non senza l'aiuto delle pillole magiche, quelle che ti fanno superare la zona dei sogni e ti sprofondano in un sonno buio, tranquillo, senza immagini. La sera non esco di casa, chiudo a chiave l'uscio, accendo tutte le luci e guardo molta televisione.
Questo è tutto. Non so che ora sia, ma non ha importanza. Vado a dormire. Se volete credermi, fatelo. Se no, decidete voi.