Sabato 21/03/2015 "Non calpestateci i sogni"

In questo mondo, poche meraviglie possono davvero eguagliare l'entusiasmo, la passione, quel fuoco interiore per cui, la mattina, nonostante il suono stridulo della sveglia ed il caldo accogliente delle coperte, si aprono gli occhi e ci si mette comunque in moto, determinati e consapevoli. Realizziamo subito che dovremo correre, districarci in un tortuoso slalom fra impegni e appuntamenti, cercando a fatica di non essere fagocitati da incombenze che sembrano solo aumentare, ma, in fondo, tutto questo non può limitarci, non può impedire al nostro sorriso di spuntare, di illuminare il nostro viso o gli occhi stanchi per le poche ore di sonno. Ecco, senza che ce ne rendiamo davvero conto, il nostro piccolo miracolo, la chiave di volta per la felicità: sapere ciò che più amiamo e dedicarvi tutte le nostre forze, ogni nostro più minuto pensiero. Cosa potrebbe, in fondo, eguagliare una spinta, un desiderio così intenso, per cui si è disposti a varcare ogni sera la soglia di casa a passi lenti, ma con un segreto compiacimento, una remota sensazione di essere nella giusta direzione?

Sembra una domanda retorica, ma in fondo molti di noi saprebbero avanzare una risposta: la giovinezza. Quei vent'anni di nottate in bianco, di avventure indicibili con gli amici, che scolorano presto nei ricordi, quell'energia che gli "adulti impoltroniti" rimpiangono, quasi fosse un perduto elisir, sembrava già agli antichi quanto di più vicino ci fosse al segreto dell'immortalità. E, forse, essi non erano così lontani dal vero: ci chiediamo spesso cosa potremmo ancora fare, se avessimo di nuovo quegli occhi vispi e mai sazi di esplorare, quel corpo in continuo movimento, quelle occhiaie appena visibili, che tradiscono le maratone di studio delle notti precedenti, quella sconsideratezza e temerarietà che, talvolta, può consegnarci i nostri più grandi successi. Ora, pensate ad unire questi due portenti: l'entusiasmo per ciò che più amate fare, abbinata alla selvaggia bellezza dei vostri vent'anni, tutti ancora da vivere. Crederete di aver scoperto una miscela potente, inarrestabile e avrete ragione: con il rosso Ferrari della nostra passione ed un pilota assetato di vittorie come il nostro impeto giovanile, come arrestarsi?  Il gran premio è cominciato e  i giri di pista, seppur faticosi e sempre a rischio di sorpassi, si susseguono vorticosi e ci spingono ad arrivare al traguardo, pregustandone il trionfo. Eppure, anche in una corsa come questa, dove il motore non sembra mai esaurirsi, fino a che la nostra volontà di andare avanti e di pensare in grande ci spingono a premere energicamente quell'acceleratore, ci sono diversi pit‐stop, interruzioni, che abbiamo imparato a chiamare, con l'esperienza, intoppi. 
Il guaio è che, proprio ai box, non troveremo sempre il sorriso gentile di chi ha preparato la Ferrari, lo sguardo convinto di chi crede nella nostra vittoria e già vede la bandiera sventolare per noi: la vita, grande maestra, ci ha dimostrato più volte che, sotto il casco o la tuta del compagno di corse, potrebbe nascondersi proprio il seminatore del dubbio, il polemico cronico, l'invidioso attento a non essere scavalcato e a non farsi sorpassare. Certo, con un casco così stretto e dalla visiera così rigida, sembra difficile poter spaziare, poter assaporare il gusto di traguardi inaspettati e di vittorie incerte fino all'ultimo: eppure, vedere poco non è mai stato un valido pretesto per non chiudere gli occhi e sognare di più. Ed il non saperlo fare, il non capire quanto l'immaginazione sia più efficace di gomme adatte al bagnato, o motori di ultima generazione, non deve essere nemmeno un buon motivo per trattenere il pilota e distoglierlo dalla sua corsa. Figurarsi, poi, nel caso di un pilota un po' ribelle, curioso ed impaziente di stringere quel trofeo, come il nostro ventenne: fatica sprecata, visto che la sua benzina scorre nelle sue vene, nell'adrenalina che lo invade ogni volta che sente di essere nel posto giusto, al momento giusto. 
Ora, abbandonate gli esotici circuiti di formula uno, sparsi fra mete da sogno e deserti afosi, per tornare alle nostre vie, ai centri storici illuminati dal timido sole primaverile, alle strade dal traffico congestionato: scorgerete quel pilota nel volto di tanti ragazzi, magari con lo zaino in spalla, con un libro sotto il braccio o con un biglietto aereo verso un paese remoto nella mano. Sono quei ventenni fortunati che incidono la loro vita e stanno cominciando il loro gran premio, alla ricerca di una vittoria tanto agognata fra curve strettissime e prove interminabili. Sono quei giovani che sapete di temere, perché non avete mai visto nessuno con quel fuoco interiore, con quella caparbietà, con la testardaggine di andare oltre la stanchezza, il sonno, la fatica per cercare "di più". Sono quei ragazzi che sfiorano il segreto dell'invincibilità, che si sentono quasi dei titani e tengono il mondo a portata di mano, perché sentono, nel profondo del loro cuore, che nulla sia poi davvero "lontano". 

Perciò, la prossima volta che vedete uno di loro, che lo accogliete nei vostri box per una sosta tecnica, per una riparazione o per una revisione, ricordatevi del dolce miracolo davanti a cui vi trovate. Ricordatevi dell'importanza di ciò che state facendo e di averne cura, come se maneggiaste un oggetto prezioso e delicato, invece di sminuire quel giovane pilota per rinforzare la vostra consapevolezza un po' ingrigita dalle difficoltà della vita. Ma, soprattutto, ricordatevi che aggiungere curve tortuose o sabotare le gomme non porrà mai fine al gran premio, ma, anzi, renderà quella corsa ancora più emozionante. E che quel pilota, su cui avete visto riflesso i vostri rimpianti e le vostre frustrazioni, guarderà proprio voi, dal podio, mentre stringerà il suo trofeo, dedicandovi la sua vittoria.
Cecilia Cozzi
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