Ti lascio

Era bellissima, l'abito bianco con la coda, i capelli raccolti e il trucco che esaltava il suo sguardo felino.
Se ne era innamorato subito, la prima volta che si erano incontrati nella biblioteca del paese, lei era bella oltre che estremamente colta e preparata, lui invece carino e con un percorso universitario paragonabile ad una traversata oceanica in solitaria. La biblioteca aveva messo a disposizione, per chi si abbonava, delle aule collegate alla rete garantendo la tranquillità e la collaborazione di un paio di addetti per lo studio e le ricerche approfondite, lui ci andava con la speranza di trovare aiuto o forse compagnia e quel giorno il suo cuore fu colpito come da un fulmine a ciel sereno, la avvicinò senza timore e dopo essersi presentato si accomodò vicino a lei che, educatamente, ricambiò la presentazione e lo invitò a studiare insieme. Lui cominciò a corteggiarla da quel preciso istante e dopo cinque anni, in cui si erano laureati, avevano cominciato a lavorare e trovato un appartamento da condividere; si sarebbero sposati presto.
Quel giorno era paralizzato dall'emozione, sapeva di dover cominciare una nuova vita con la sua amatissima Sabrina e si chiedeva se tutto sarebbe andato bene; inconsciamente aveva paura di perderla.
Il matrimonio fu celebrato in chiesa e poi il banchetto, a cui parteciparono quasi 200 invitati, si svolse nel miglior ristorante della zona; gli ospiti furono tutti contenti e intonarono canti e cori in onore degli sposi, fu una giornata intensa e stupenda. Il giorno dopo partirono per il viaggio di nozze, 2 settimane a zonzo per l'Italia alla scoperta di borghi antichi e parchi naturali, periodo che rinsaldò ulteriormente il loro splendido rapporto preparandoli alla vita da coniugi; tutto prese la piega prevista e sperata: successo nel lavoro, amici con cui condividere i loro interessi, genitori vicini ma discreti e tanta buona salute. Nel tempo il loro legame si era talmente consolidato che la naturale conseguenza fu la nascita di un figlio, la loro splendida Martina, che tanto avevano desiderato. La nuova arrivata non incrinò minimamente il loro rapporto e dopo tre anni nacque il piccolo Nicola, sano come un pesce, accolto amorevolmente anche dalla sorellina che fu felicissima del nuovo arrivato. Sabrina era una moglie stupenda, madre amorevole, amante fantastica e donna infaticabile, colta ed educata. Lui a volte sentiva il peso di quel confronto che in realtà non esisteva, sua moglie lo amava per ciò che era: gran lavoratore, padre insostituibile e marito affettuoso; meno erudito di lei compensava con un fortissimo senso della famiglia. Come in una favola trascorrevano la loro esistenza tra successi lavorativi e forti disponibilità economiche, giornate passate con i figli e gli amici, gite e volontariato. Il tempo passava veloce, i figli ormai avevano 17 e 14 anni, età in cui vogliono avere la loro indipendenza e cominciano a dubitare dell'infallibilità dei genitori, ma da splendidi ragazzi quali erano li adoravano e facevano sentire tutto il loro amore; dal punto di vista del padre era una vita da sogno.
Quella domenica mattina, come ogni domenica, stavano uscendo dalla chiesa dopo aver partecipato alla santa messa, una funzione a cui tenevano molto anche se non erano fervidi credenti. I figli erano cresciuti nel credo dei genitori e, anche senza obblighi e costrizioni, partecipavano alla messa con entusiasmo, cosa alquanto anomala per due ragazzi della loro età. Sulla scalinata della chiesa lei prese la mano al marito e la strinse forte, troppo forte: si tenevano spesso la mano ed avevano imparato a capire l'umore dell'altro attraverso quei tocchi, la temperatura e il tipo di presa; quella era una presa strana, lei era nervosa. Lui la guardò dritta negli occhi e vide un misto di rabbia e paura. Contraccambiò la stretta di mano con un gesto lieve come a dirle che aveva capito e infatti lei si diresse a passo deciso verso la macchina parcheggiata nel piazzale sul retro della chiesa e una volta salita in macchina prese a tossire, una tosse rauca, stizzosa. Lui percepì una sensazione mai avuta, per la prima volta in tutti quegli anni sentiva che lei gli stava nascondendo qualcosa, qualcosa di importante, ma per rispetto non chiese nulla e lei non proferì parola. Arrivarono a casa, i ragazzi li avrebbero raggiunti più tardi, a piedi, come ormai avevano preso a fare ultimamente. Lui continuò a stare zitto e lei non fece nulla per incoraggiarlo a parlare, era una situazione di stallo che ogni tanto si presentava e con il tempo avevano capito di non pretendere tutte le risposte subito, a volte era meglio far passare qualche momento evitando così di dire o fare cose di cui ci si sarebbe successivamente pentiti. Lei tossì nuovamente, un colpetto per attirare la sua attenzione, infattì lui la guardò e lei prese coraggio, sospirò a fondo e disse: "Ti lascio"
Lui aveva sentito parlare di come ci si sente quando ti danno una pugnalata alla schiena o cose del genere; dolore, stupore, incredulità, urto del vomito, gola secca e chi più ne ha più ne metta. Restò paralizzato, sospeso in una specie di spazio temporale tutto suo, non percepiva più i suoni, gli odori, nulla; sembrava anestetizzato. I suoi occhi vitrei stavano fissando la moglie che, immobile davanti a lui, sembrava una statua di cera, tutto ciò che lo circondava sembrava irreale misto tra sogno e realtà, poi un angolo del suo cervello prese il controllo ed inviò un impulso, quasi una scossa a tutto il corpo che lo destò da quel coma vigile. Cercò di parlare ma non riusciva ad articolare le parole, balbettò qualche lettera sconclusionata e cominciò a sudare freddo, impallidendo sempre più e lei si rese conto che stava collassando.
La corsa all'ospedale, l'intervento chirurgico, i primi giorni di degenza in uno stato di incoscienza, la distorsione di tutte le funzioni percettive e la forte volontà di sopravvivere, il suo cervello registrò tutto, anche i fatti più insignificanti e, dopo due mesi, decise che era ora di riprendersi. Aprì gli occhi ed incontrò quelli di sua moglie, due splendidi occhi nonostante fossero gonfi e umidi, la sua presenza, il suo odore che adesso sentiva distintamente, il rumore del suo respiro, tutto ciò lo riempì di gioia, era contento, felice, ma la parte razionale del suo cervello chiese dazio. La memoria, come un nastro delle vecchie audiocassette, si riavvolse fino a quel momento, quando il suo udito aveva inviato al cervello quelle due piccole parole che come un uragano lo avevano travolto; anche adesso faticava a ricomporle, non voleva risentirle, come se ciò potesse cancellare cio che era stato detto. Ma lei, al suo capezzale, non aveva pianto solo per la situazione, non si era ridotta allo sfinimento in attesa del suo risveglio; lei aveva deciso e adesso voleva capire cosa avrebbero fatto.
Lui allungò debolmente la mano alla ricerca della sua e lei avvicinò piano le dita a quelle del marito, lentamente le due mani si strinsero e un'ondata di emozioni li travolse.
Due mesi prima.
"Dottore, si riprenderà?"
"Suo marito è forte, il suo cuore ha subito gravi danni, ma grazie all'intervento tempestivo siamo riusciti a recuperare tutte le funzioni vitali e il cervello non ha subito danni permanenti"
"Ma allora perché non si sveglia?"
"Stiamo comunque parlando di un intervento al cuore che aveva subito un forte trauma, adesso dipende solo da lui, il suo corpo può vivere a lungo ma il suo cervello può decidere di mantenere questo stato fino alla morte, oppure che è il momento di risvegliarsi"
"Dottore, sia più chiaro per cortesia" Sabrina era sconvolta.
"Signora, il corpo di suo marito sta bene, ma se un angolo del suo, mhhh, chiamiamolo animo, decide di non farlo risvegliare, potrebbe restare cosi per sempre. Mi dispiace"
Sabrina faticava a sopportare l'idea di non vederlo più riprendersi, in cuor suo era convinta di essere lei la responsabile di tutto ciò e non se ne dava pace. Nei primi giorni dall'accaduto, amici e parenti erano accorsi in massa all'ospedale per stare vicino a lei e i suoi ragazzi, ma adesso era sola, con i suoi pensieri e i suoi rimorsi. Aveva convinto i figli a continuare a svolgere le loro normali attività cercando, entro il possibile, di trascorrere una vita normale e lei stessa si era ripromessa di fare altrettanto. Ma più i giorni passavano e più aumentava la disperazione, lei parlava al marito, raccontava tutto quello che succedeva, la fatica a reggere quella situazione era insostenibile. Piangeva, urlava e chiamava forte il suo nome, implorando perdono a Dio e agli uomini, chiedendo ai medici di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Finché un pomeriggio ci fu il tanto temuto tracollo, lui stava per morire; intervenne uno sciame di medici e infermieri e grazie alla loro bravura e determinazione riuscirono a salvarlo, ancora, ma la situazione era drammatica.
"Dottore?" Chiese la donna completamente stravolta dal pianto.
"Sono stati due mesi durissimi, deve passare la notte, solo così potremo capire se  "
"Dottore!?!"
"Probabilmente non riuscirà a passare la notte, ma anche se dovesse sopravvivere temo che non riprenderà tutte le sue funzioni vitali; allo stato attuale non posso aggiungere altro"
"Posso restare con lui?"
"Senta signora, io sono un medico, ma credo che in fondo ad ognuno di noi ci sia una forza, una fiammella che ci tiene in vita; tenga viva quella fiamma, non la faccia spegnere"
Si risciacquò il viso al lavandino dei bagni e si diede una sistemata. Poi, con movimenti veloci ed estrememente femminili, si diede un tocco di trucco, si rassettò la capigliatura e si specchiò soddisfatta.
"Ecco, così va bene, sono pronta" Si recò nella stanza dove il marito stava lottando tra la vita e la morte, aveva deciso di non chiamare i figli che il giorno prima, dopo la visita al padre, erano tornati a casa con i nonni, pieni di speranze. Lei allungò la mano verso la spalla del marito, voleva essere in contatto fisico in quel difficile momento, poi prese coraggio.
"Eccomi qua. Mi sono truccata, per te, anche se non puoi vedermi so che saresti felice, mi dici sempre che un po' di trucco mi dona. E mi sono pettinata come piace a te, anche se per me è un tantino scomodo, ma in fondo cos'è comodo in questa vita? Non ho chiamato i ragazzi, erano così felici, così sicuri che tu stia per riprenderti, insomma, non voglio infrangere le loro speranze anche perché tu, fra poco, aprirai gli occhi e mi abbraccerai" Faticava a trattenere le lacrime "Sto divagando, tu sai che devo dirti qualcosa di importante e sai che ho un segreto, un triste segreto. Ma anche adesso, in questa situazione surreale, fatico a confessarti ciò che mai avrei voluto succedesse. Io ti amo, sei un uomo speciale, buono ma duro quando serve, gentile e allo stesso tempo autoritario, padre dalle mille risorse e splendido amante; le mie amiche, le nostre amiche, faticano a credere a tutte le cose belle che dico di te, pensano sia impossibile che un solo uomo possieda tutte quelle doti e quando ribadisco che è tutto vero, alcune mi danno della sognatrice incallita. Ma io so che è tutto vero, tu sei così, un po' burbero e tontolone ma disponibile con tutti e mi fai sentire il tuo amore in ogni attimo, sono la tua regina, sempre; eppure" Le lacrime adesso sgorgavano copiose e dovette deglutire più volte prima di riprendere a parlare "Non so cosa mi sia preso quella sera, o forse sì, ho paura di ammetterlo, nego l'evidenza ma lo so. Avevamo bevuto un tantino più del solito, tutti, ma la serata procedeva bene tra scherzi e risa, senza strafare, senza esagerazioni. A casa nostra niente droga, niente volgarità pecorecce, buon cibo e buon vino a volontà e tanta allegria. Tu eri sotto il gazebo, in giardino e stavi ridendo e scherzando con Flavio e sua moglie, io ho servito ancora un paio di bottiglie fresche e poi sono salita per darmi una veloce rinfrescata, quel caldo umido e l'alcol mi stavano annebbiando la vista. Sono entrata in bagno, la luce era accesa e lì ho trovato lui che aveva avuto la mia stessa idea. Mi ha guardata sorridendo e ha detto <Fa un caldo tremendo stasera, ci voleva proprio una bella rinfrescata> Il suo tono di voce, il suo sguardo, il caldo, l'alcol, è stato un attimo, pochi minuti. Mi ha presa lì, sul lavandino, dove tu solitamente ti fai la barba. Alla fine eravamo entrambi sconvolti, cosa avevamo fatto? Tu e sua moglie eravate giù, con tutti gli altri e noi, cosa avevamo combinato? Ci siamo guardati, vergognandoci, mi ha chiesto scusa e io l'ho chiesto a lui e dopo esserci ricomposti siamo scesi, separatamente, facendo finta di niente e infatti nessuno si è accorto di nulla, nemmeno tu. La serata si è conclusa e tutti se ne sono andati, insieme abbiamo sistemato la casa e nel frattempo sono rientrati i ragazzi dalla discoteca e ci hanno raccontato tutta la loro serata, sono splendidi i nostri figli. Abbiamo dormito e alla mattina ti sei fatto la barba e quando ti ho visto piegato, su quel lavandino, mi si è spezzato il cuore e così ho deciso; ti avrei lasciato, troppa la vergogna, troppa la colpa, troppa la paura di ricascarci. Perché quella sera ho sentito una vibrazione, una sensazione scomoda ma piacevolissima; mi sono sentita desiderata. Tu sei uno splendido marito e un bravo amante, ma in quel momento una parte oscura di me ha preso il sopravvento, l'istinto ha prevalso sulla ragione e la paura di non sapermi controllare mi ha portato a preferire perderti che farti soffrire ulteriormente. Tu avevi capito che c'era qualcosa, eri silenzioso, aspettavi una mia mossa ma non eri pronto a quello che stavo per dirti e infatti eccoci qua. Sentimi amore, perché tu mi senti, stai ascoltando tutto; perdonami se puoi, ho sbagliato, questi due mesi mi hanno fatto riflettere, ho visto e sentito tante storie belle e brutte e ho capito che l'amore, quello vero, è per sempre. Si potranno avere alti e bassi, cadere come è successo a me e vedere la morte nera seduta al tuo fianco che aspetta pazientemente di strapparti i tuoi cari. Come adesso, mi sta fissando con il suo ghigno, sicura di avere partita vinta. Ma sai cosa le dico io? Le dico che il mio amore è più forte di lei, che nella vita si può sbagliare, sono caduta, rovinosamente, ma mi sto rialzando, con il tuo aiuto, con il tuo amore" Piangeva e singhiozzava allo stesso tempo e infine urlò "Non morire! Svegliati ti prego! Ti amo, ho bisogno di te!" Senza rendersene conto l'emozione e la stanchezza la trascinarono in un sonno profondo.
Le due mani si stavano esplorando, era il loro modo per sentire le reciproche emozioni. Lei riprese a piangere come una scolaretta mentre lui faticava a teneri gli occhi aperti e cercava di trasmettere tutte le sue emozioni attraverso le mani. Lei chiamò un infermiere che passava in quel momento e dopo pochi attimi fu circondata dai medici che, dopo un rapido consulto, decisero di portare il paziente in sala operatoria.
"Dottore??"
"Non si preoccupi, dobbiamo fare un intervento complementare, andrà tutto bene, lei è stata fantastica. A proposito, come ha fatto a tener viva la fiammella?" "Ho confessato i miei peccati che su di lui hanno avuto l'effetto della benzina sul fuoco" E dopo tanto tempo si lasciò andare ad una lunga e sonora risata.
Ci volle più di un anno, periodo in cui lui si sottopose a cure e riabilitazione, ma adesso era completamente guarito. Gli erano stati tutti vicino e lei quel giorno aveva preparato una sorpresa per lui; visto che i figli erano fuori con gli amici, avrebbero pranzato in camera da letto e poi si sarebbero ficcati sotto le coperte. Mangiarono con gusto e quando lei ebbe sistemato le stoviglie in cucina lo raggiunse a letto; lui la stava aspettando, erano mesi che aspettava quel momento, i medici lo avevano tenuto in riga, per il suo bene. Lei si avvicinò e appoggiò una mano sul suo ventre, lui era tranquillo ma qualcosa nei suoi occhi lo tradiva e lei chiese delicatamente "Cosa c'è amore, hai paura?" "No tesoro, assolutamente. Volevo solo chiederti; quel giorno, quella mattina, mi stavi per dire qualcosa, qualcosa di importante. Ricordo benissimo il tuo sguardo, eri seria e corrucciata, stavi per dirmi, ti?" Lei non esitò un attimo "Ti amo tesoro. Ti amo come il primo giorno, ti amerò sempre, ti desidero e voglio essere tua per sempre" Lui socchiuse gli occhi e rispose "Anche io tesoro , anche io ti amo e ti amerò per sempre" E con la mano spense la luce e la camera piombò nel buio.