Madre... Padre

Era mia madre,
l'imperversante tenebr'ammaliante.
Cingendomi nell'amoroso abbraccio,
rapì 'l primigenio mio vagito stupefatto.

Da lievi carezze,
accompagnanti sogni consumati assiduamente,
nei miei beati sonni di neonata,
dacché l'oscure ossute dit'arcuate
serravan le mie palpebre socchiuse
‐ pria che l'arcaica voce nenie cantilenass 'e
pur narrasse di Fate e di Sirene,
carpendo 'l mio respiro
‐ in cambio del sospiro delle stelle ‐
sgorgava 'l dolce afflato sul mio viso.

Sospesa in equilibrio tra la realtà e la fiaba,
assuefatt'a mera beltà rivelata,
nel tetro suo grembo, l'esil mio corpo
accoccolav'onde nutrirmi al seno offerto,
in aggiunt'a cercar protezione,
dentr'a venture notti,
discint'e appieno esprimenti,
del ciel, tenebroso 'l livore.

A piene mani,
elargiv'allor il tepor suo materno.

Padre assoluto, padre beneamato,
d'amor, il tener suo etereo bacio costante,
al primogenito chiaror mattutino,
risvegliando 'l torpor mio persistente,
rasserenava l'animo infante,
triste ahimè reso
a cagion dell'esecrabile sorte.

Aggrappata con tenaci'a una nube zuccherina,
dietr'a intento di sapermi a lui vicina,
ero figlia adorante 'l proprio azzurro padre,
pur, sovente, poi d'istante s'adombrasse,
in connubio alla beneamata sposa.

Col suo velo,
d'improvviso si copriva,
per qualcosa a me incompreso
e tuonava propria voce portentosa,
ravvivando ‐ eco s'insano ‐
'l latente timor mio
d'esser bistrattata figlia poc'ambita.

Però 'l cristallino pianto,
ruzzolante sul suo volto corrugato
‐ palesantene 'l rimorso ‐
e scacciante le mie lacrime di sale,
rinnovav'ancor, nel ferito mio profondo,
la certezza dell'amor ch'ognor provava.

Or mio padre
s'è proclamato 'l divampante feniceo fuoco
‐ alimentante 'l tempo ‐
a cu'in solitudine spesso m'appello.
Or mia madre
s'è conclamata l'àncora remota
‐ della speranza tuttora immanente ‐
a cui m'affid'oramai perennemente.

Allorquando entrambi svaniranno,
allor soltanto,
in solitaria trascendenza,
diverrò inver funambola incallita.