Il maestro racconta, perdono?

Stava viaggiando a 240 km/h sulla sua nuova porsche nera e tirata a lucido. Non aveva mai avuto la passione per le macchine e si domandava chi o cosa l'avesse spinto a spendere 220 mila euro per un'automobile.
"E chi se ne frega" parlava da solo. "Adesso che ho un pacco di soldi me la voglio proprio godere"

Due settimane prima.
"Fai almeno finta di ascoltarmi quando parlo, sii uomo qualche volta" Sua moglie aveva ragione, come sempre. A lui non interessava niente, la lasciava blaterare e poi faceva a modo suo, sbagliando spesso. Rispose gentilmente, era un tipo tranquillo.
"Hai perfettamente ragione cara, sei il mio amore."
"La tua ironia del bip mi fa venire i nervi, lo sai" Lei era spazientita [certo che lo so] fu il suo pensiero.
Sposati da ventudue anni avevano due figlie di ventuno e diciannove anni. Splendide ragazze erano per molti versi uguali alla madre: belle, intelligenti e ben educate. Bravissime negli studi, stavano superando la terribile età adolescenziale senza danni irreparabili ed erano legatissime ai genitori pur provando una sorta di amore compassione per il padre che invece non ne combinava una giusta.
Lui, abbandonati gli studi dopo un anno di superiori, aveva fatto decine di esperienze lavorative, dal facchinaggio al lavoro in fabbrica, dall'aiutante in cantiere al commesso e via via tutta una serie di impieghi, sempre con la testa tra le nuvole. Era un sognatore, ma a quarantanove anni non era ancora in grado di occuparsi della propria famiglia e in questo momento, come capitava spesso, era disoccupato. Aveva mille progetti in testa, tutte idee per poter finalmente realizzarsi e dire "Io sono questo, io sono quello"
Per fortuna la moglie sostentava tutta la famiglia. Suo padre era titolare di una piccola azienda e lei, con il fratello, lavorava presso la ditta come impiegata e factotum. Il suo stipendio aveva permesso una certa agiatezza economica tanto da rendere ininfluente l'apporto finanziario del marito. Anche per questo motivo lui non si dannava mai più di tanto per cercare un posto di lavoro, ma adesso lei aveva la bava alla bocca.
"Sentimi bene Carlo. Io sono stufa di vederti bighellonare per la casa in cerca dell'ispirazione giusta per fare non si sa cosa. Hai cinquant'anni e ragioni ancora come Peter Pan. Datti una mossa, non voglio che le ragazze debbano vergorgnarsi di un lazzarone come te, sono stata chiara?"
"Chiara, Francesca, Benedetta...."
"Smettila!" Urlò la moglie. Si guardarono negli occhi, lui la amava come il primo giorno, lei ogni tanto dubitava; ma quello sguardo! Scoppiarono a ridere e lei per non finire a far l'amore prese un cuscino dal divano e lo lanciò in faccia al marito.
"Spicciati, vai a fare qualcosa. E da lunedì ti metti a cercar lavoro sul serio"
"Agli ordini comandante" Rispose lui imitando il saluto militare. Vai a far qualcosa le aveva detto. Chiamò immediatamente un paio di vecchi amici e si accordarono per trovarsi al bar per bere l'aperitivo. Avrebbe offerto lui, doveva festeggiare; da lunedì si sarebbe messo a cercare un lavoro serio, lo doveva alla moglie e alle figlie.
I due amici arrivarono in sella ai loro scooteroni. Erano amici d'infanzia, gran lavoratori e con famiglie stabili al contrario di lui che viveva nel suo mondo.
La ragazza del bar era sempre gentile, li conosceva da anni e loro si comportavano con lei come tre adolescenti alla prime esperienze. era un dare avere che dava soddisfazione reciproca; a lei piacevano gli apprezzamenti e loro continuavano a far finta di esser giovani.
"Allora Carlo. Stavolta tua moglie ti ha ben strigliato, adesso cosa fai?" Luca era il saggio dei tre.
"Bhee, Adesso ordino un altro giro" rIsero tutti e tre "<Carlo> mi ha detto <cresci, non sei più un ragazzino>" lui sdrammatizzava sempre. Ettore, che era un giocherellone come lui, proseguì "Tu gli hai detto <cara, ti amo e poi ho quasi cinquant'anni, sono cresciuto>" altre grasse risate. La ragazza del bar arrivò con il secondo giro di aperitivi. Il locale era affollato, come tutti i sabati mattina. La primavera porta con se quella carica di energia che risveglia i sensi e rende tutti più allegri. Potenza della natura.
"Questa volta devo farla felice, è una vita che mi sopporta. Non credo che sarà tanto semplice ma vedrò di provarci seriamente" Ettore e Luca si guardarono ridacchiando, conoscevano Carlo da sempre e sapevano come giravano le cose a casa sua. Lui era un brav'uomo e sua moglie una mezza santa, ma era la donna che tirava avanti la baracca e lui con gli anni si era abituato a fare il parassita. Non aveva neanche l'orgoglio tipico degli uomini in quelle situazioni; a lui stava bene così. Non si sarebbero meravigliati se la settimana dopo lì, in quello stesso bar, avrebbero assistito al suo spettacolo di autocommiserazione. Questo era Carlo, prendere o lasciare. I bicchieri nel frattempo si erano vuotati e Luca, con un cenno della mano, ordinò alla ragazza un altro giro, che nel volgere di un paio di minuti fu loro servito.
"Carlo sei sempre il solito buffone. Quando Rosanna ti mette alle strette parti in quarta con propositi bellicosi e dopo qualche giorno sei punto a capo"
"No Luca. Questa volta mi devo mettere d'impegno. E' vero che faccio sempre mille promesse e poi mi areno al primo ostacolo, ma stavolta dico davvero"
"Non sparar cazzate. Ti conosco da quando andiamo alle elementari e non sei riuscito a fare mai niente di quello che ti proponevi. Hai la fortuna di avere tua moglie che ti mantiene, cacchio te ne frega?" Ettore non andava mai per il sottile, Carlo non si sarebbe offeso. Infatti rispose candidamente
"Non hai tutti i torti, si vive una volta sola. Propongo un brindisi" I bicchieri erano nuovamente vuoti e la ragazza, che li conosceva, sapeva che piega stesse prendendo la mattina di quei tre. Al sesto giro ormai era l'alcol che la faceva da padrone. I discorsi seri e impegnati erano lentamente scivolati in fonfo al cesso, il loro tono e le loro fesserie attiravano gli amici e i conoscenti che non facevano altro che ridere. Ad un tratto Luca ebbe uno sprazzo di lucidità e con voce strascicata disse che era tardi, a casa lo aspettavano per il pranzo.
"Ah ah! Perchè tu adesso hai fame? Ah ah!" Ettore rideva senza ritegno "Io il mio scooter devo lasciarlo qua, non ci provo neanche a guidare o il primo palo è mio" Gli avventori presenti erano divertiti dal siparietto. La ragazza del bar li conosceva bene e sapeva come prenderli.
"Luca, tu sei in grado di arrivare a casa?" Luca era un omaccione alto un metro e novanta abbondante per più di un quintale di peso. Reggeva bene l'alcol e rispose deciso "Sono allegretto, ma non temere, mi arrangio"
"E tu Ettore?"
"No, no. Io no. Metti il mio scooter nel retro, passerò a prenderlo. Vado a casa a piedi" Carlo si avvicinò all'amico "Aspettami. Vengo con te. Un momento che pago i miei giri" si avviò barcollante alla cassa. Il bar si stava vuotando, era ora di pranzo, la ragazza lo accompagnò gentilmente e gli preparò il conto.
"Senti ragazzina" Carlo era brillo e disinibito "Adesso mi dai sei numeri del superenalotto e se vinco scappiamo insieme ai Caraibi, ok?"
"Si Carlo, si. E poi facciamo il giro del mondo in panfilo"
"Davvero. Dammi i numeri" vista l'insistenza lei allungò una mano per prendere una scheda precompilata. Per un attimo le era parso di vedere un'ombra vicino alle schede e una di esse era scivolata a terra. [Forse è un segno del destino] pensò e fece la giocata.
"Ecco Carlo, così vai a casa tranquillo e vedete di non fare danni voi due"
Ettore prese sotto la sua spalla l'amico che era più brillo del solito. Piano piano e non senza qualche difficoltà i due amici arrivarono alle rispettive abitazioni. Carlo pregò tutti i santi in cielo che le sue donne non fossero in casa. La porta era chiusa a chiave, buon segno, infatti la casa era vuota "Grazie santi miei" Si trascinò quindi in bagno e si schiaffò in doccia. Sotto l'acqua gelida ripensò alla mattinata appena trascorsa, dapprima ridendo poi man mano cadendo in depressione [paturnie post sbornia] fu il suo pensiero. Dopo aver fatto la doccia si accorse di non essere così ubriaco e decise di preparare da mangiare anche per le sue donne. Quando sua moglie entrò in casa avvertì subito i profumi penetranti provenienti dalla cucina, si affacciò alla porta e trovò il marito indaffarato sui fornelli. Lo conosceva troppo bene.
"Come è andata stamattina?" Lui evitò di girarsi a guardarla fingendosi troppo impegnato e rispose
"Tutto ok cara. Ho fatto un salto al bar e ho trovato Luca ed Ettore che bevevano il caffè"
"Si, li hai trovati, a bere il caffè ovviamente. E tu, hai bevuto il caffè?" Lei aveva notato la voce malferma del marito, che pur mettendocela tutta non era riuscito a parlare in maniera fluida e decisa.
"Si, si. Poi abbiamo bevuto un aperitivo e sono venuto a casa, a preparare il pranzo"
"Un aperitivo, non l'aperitivo" non aveva minimamente creduto ad una parola "Carlo! Fammi vedere gli occhietti" Carlo si girò verso di lei molto lentamente, troppo, i suoi occhi erano una confessione.
"Senti, vai in camera a dormire. Alle ragazze dirò che ti sei dato da fare tutta la mattina ed eri stanco. Poi stasera ne riparliamo" Era andata meno peggio del previsto, ma l'atteggiamento della moglie rendeva ancora più grande la sensazione di sconfitta e sconforto. Per qualche minuto fu assalito da pensieri tristi e malauguranti, senso di colpa e certezza di essere un fallito. Poi la stanchezza prese il sopravvento e crollò in un sonno profondo.
Sua moglie era seduta sul letto, ai suoi piedi. La finestra socchiusa lasciava entrare gli ultimi raggi di sole di una splendida giornata primaverile.
"Le ragazze hanno già cenato e sono uscite. Mi hanno chiesto di te e ti salutano affettuosamente. Adesso ti alzi a mangiare qualcosa o pensi che ti porto la cena a letto?"
"Uhau! Sarebbe splendido" stava decisamente meglio.
"Alzati imbroglione! E io che mi preoccupavo per te"
Lui afferrò la su amano e delicatamente la tirò a se. Si baciarono con passione. "Ti amo Rosanna" "Anche io, ma adesso alzati e vieni a cenare"
Carlo rimase di pietra. La tavola apparecchiata per due con tanto di candela accesa e il profumo di carne stufata con patate arrosto che lui adorava.
"Non sapevo se stappare la bottiglia di rosso, visto la tua mattinata"
"Apriamola e brindiamo al nostro amore" confermò lui.
Cenarono tranquillamente, chiacchierando del più e del meno come due giovani fidanzati, toccando argomenti frivoli e poco impegnativi. Adesso che le figlie stavano diventando autosufficienti e dimostravano tutte le loro splendide doti, potevano permettersi, a volte, di escluderle dai loro discorsi. Carlo aspettava però l'attacco della moglie, anche lui la conosceva bene. Ed infatti, mentre gli voltava le spalle intenta a preparare il caffè, partì alla carica.
"Quindi stamattina vi siete divertiti come ragazzini e non ti è passato minimamente per il cervello di sbatterti a cercare un lavoro, vero?" La tattica della donna era chiara, adesso che lui si sentiva tranquillo e appagato era vulnerabile. Lo scopo era quello di irretirlo per innescare la discussione. Carlo conosceva quasi tutte le tecniche della moglie. Ora lei si aspettava una sua risposta spazientita, delle scuse nel vano tentativo di arrampicarsi sui vetri, così avrebbe potuto scatenare  il suo monologo investendolo di richieste e accuse. Oppure avrebbe potuto rispondere con ironia <si cara, ci siamo divertiti un sacco e dopo una bella dormita questa cenetta al lume di candela è stata un vero spettacolo> In questo caso l'avrebbe mandata su tutte le furie, scatenando una reazione ben peggiore di un monologo. Optò per la diplomazia seria e coerente nel tentativo di spiazzarla
"In effetti abbiamo superato il limite, hai ragione e neppure per un attimo ho pensato di andare in giro a disturbare la gente al sabato mattina. Non sto neanche qui a farti mille promesse di quel che farò o no. Lunedì mi alzo come al solito e comincio il mio giro cercando magari di metterci un pò più di entusiasmo e volontà" Era il massimo che poteva dire e fare. Lei lo sapeva e si era accorta della sua sincerità. Versò il caffè nelle tazzine senza dir nulla. Si scottarono la bocca nella fretta di bere e poi finirono in camera.
La notte movimentata li tenne a dormire fin dopo le undici della mattina. le ragazze erano già uscite e Rosanna preparò il caffè. Il profumo della bevanda raggiunse le sensibili narici di Carlo che in pochi balzi raggiunse la moglie in cucina. Adesso lei voleva capire.
"Ieri sera dicevi sul serio? Domani ci metterai un pò più di convinzione?"
"Si tesoro. Non ti prometto nulla, domani mi alzo e vado alla ricerca"
"Carlo, ascoltami. In ditta le cose si fanno sempre più difficili. La crisi si sente, i clienti non pagano e anche se abbiamo buone prospettive è probabile che dovremo rivedere gli assetti societari e ricalcolare i compensi. A spanne io dovrei rinunciare a circa il venti per cento del mio stipendio, comunque sufficiente ad andare avanti, ma un tuo apporto garantirebbe ulteriore sostegno alle ragazze" Le ragazze. L'unico argomento che lo scuoteva erano le figlie. Sua moglie stava dicendo che il momento difficile li stava per colpire e bisognava fare ulteriori sacrifici in funzione delle figlie. Non era del tutto vero, ma lei riusciva a farglielo credere, era l'unico modo per destarlo dal torpore.
"Va bene, va bene. Ho capito. Serve un maggior apporto economico da parte mia" Lei aveva vinto.
"Ecco, bravo. Vado a farmi una doccia, tu prepara il pranzo, grazie"
"Preparò delle tartine e dell'affettato.Tostato un pò di pane apparecchiò la tavola per due. Le figlie erano in giro con gli amici. Stava scorrendo i canali della tv con il telecomando quando su una emittente locale lo colpì una notizia.<Vinti centoventidue milioni di euro al superenalotto> E poi il servizio proseguiva con le interviste ai proprietari della fortunata ricevitoria e di tutti gli avventori. [Cazzo! E' il mio bar] Un brivido gli scosse la schiena, prese il portafoglio appoggiato sul tavolo della sala ed estrasse il suo tagliando. Sintonizzò la tv sulla pagina televideo con i numeri vincenti: 3‐6‐23‐29‐72‐90. Cominciò a tremare, poi gli venne un attacco di ridarella che si trasformò rapidamente in un pianto isterico. Si sentì schiacciare da una pressione invisibile. Non riusciva ad articolare i movimenti del suo corpo e il cervello suonava violenti campanelli d'allarme. La gola si chiuse e l'impressione di soffocamento lo stremò. Infine, con uno sforzo degno di Ercole, rilesse con calma i numeri stampati sulla sua schedina e li confrontò con quelli sul video. Erano i suoi, aveva vinto. Dalla gola uscì un urlo liberatorio "Ho vinto! Vinto, vinto, vinto. Sono ricco, siamo ricchi sfondati" Sua moglie, che nel frattempo aveva finito di far la doccia, corse in cucina a vedere cosa stava succedendo. Trovò il marito che zompettava e strillava attorno al tavolo, come un indiano intento ad eseguire la danza della fertilità intorno al suo totem. "Carlo! Carlo! Sei impazzito" non la sentiva, era in preda al delirio. Lo afferrò per un braccio "Carlo! Fermati, ascoltami! Cosa stai facendo?" Lui si fermò e la guardò come fosse appena sbarcato da Venere. "Siamo ricchi, ricchissimi!" Lei continuava a non capire.
"Guarda tesoro, guarda. Sei, sei al superenalotto. più di centoventi milioni e sono nostri" e riprese a saltare come una cavalleta. Lei afferrò la schedina e controllò numeri, data e numero di giocata; coincideva tutto, erano ricchi. Come colpita da una clava, crollò a terra in ginocchio. Anche lei cominciò ad avere degli spasmi incontrollati. Si rialzò e cercò di restare lucida, ma lui la afferrò  e la coinvolse nel suo ballo senza senso, urlando e cantando.Ma la mente analitica e razionale della donna riprese il controllo della situazione. "Basta. Adesso basta, fermati" Lui si sentì come quel bambino che ha appena ricevuto in dono la batteria e non puo suonarla. Si fermò fissando smarrito la moglie. "Fermati Carlo. Datti una calmata" adesso lui la sentiva. "Se quel biglietto è vero e non uno dei tuoi soliti scherzi, siamo nei guai" L'uomo non capiva. Forse l'eccitazione gli disturbava l'udito, forse sua moglie non aveva detto nulla, ma la sua espressione valeva più di mille parole.Tentò di essere diplomatico e domandò per conferma "Hai detto che è un problema?"
"Si, ho detto che è un problema; un grosso problema" addio diplomazia.
"Sei impazzita! Abbiamo tra le mani una fortuna che risolve tutti i nostri problemi e tu mi dici che è un grosso problema? Stai delirando?"
"Tu stai delirando. I problemi li ha risolti a te che adesso in maniera definitiva non farai più niente nella vita visto che per te lavorare è solo ed esclusivamente una questione di soldi"
"Ovvio. Si lavora per i soldi e adesso che ne abbiamo un pacco chi se ne frega di lavorare. Io mi dedicherò ai miei hobby, tu puoi ritirarti dalla ditta di tuo padre così gli risolvi il problema del nuovo assetto societario. Magari gli stacchi un assegno così si sistema. Le nostre figlie e tutte le generazioni a venire avranno il futuro assicurato. Io e te possiamo goderci la vita"
"Sei il solito egoista! Io tengo alla ditta di mio padre, è una parte della mia famiglia, non un giocattolo"
"Ma anche a loro non faranno schifo un pò di quattrini piovuti dal cielo e poi non mi dirai che hai a cuore le sorti di un'azienda agonizzante dove per anni hai sgobbato come un somaro e adesso devi anche ridurti lo stipendio. Pensa a noi due" Aveva passato il segno, lei lo fulminò con lo sguardo.
"Il somaro ti ha sempre permesso di sollazzarti nel tuo mondo fiabesco. il somaro ha dato il sangue per tenere in piedi l'azienda che fino ad oggi ci ha mantenuti. Io volevo discutere con te di questa cosa fuori dalla nostra portata, ma vedo che ti ha già dato di volta il cervello. Non sono i soldi che fanno gli uomini e tu non sei un uomo" Lui fece per replicare ma la moglie era già uscita dalla cucina, discorso chiuso.
Roba da matti. Avevano vinto una cifra che avrebbe sistemato la loro famiglia per generazioni e lei sollevava dei problemi. Non pranzarono, avevano perso l'appetito. La giornata scivolò via silenziosa, lui continuava a non capire ed era arrabbiato. Sua moglie, la donna che amava, non gli parlava perchè aveva vinto tutti quei soldi. No, era lei anormale, bisognava festeggiare. Uscì di casa sbattendo la porta e si diresse al bar. C'era gente che festeggiava ancora. Strano, pensò Carlo, la crisi attanagliava il paese, conosceva quasi tutte le storie dei presenti e sapeva che tutti in qualche modo avevano problemi economici. Eppure erano lì a festeggiare, spendendo un sacco di soldi per una vincita non loro. Bastava poco per mettere di buon umore la gente. Udiva i commenti, voci urlanti e strascicate. L'alcol scorreva a fiumi e l'euforia aveva contagiato tutti, anche chi di solito stava tranquillo nel suo angolo.<Magari è tuo fratello e non te lo dice> <Gli spezzo il collo, ho il mutuo sulla casa e sono in disoccupazione> <Magari non è del paese> <La Susanna dice che è del paese> <Certo! Lei lo sa e se lo porta a letto così gli spilla i quattrini> <E se è una donna> <Tranquillo, per soldi si fa anche una donna> E via discorrendo tutta una serie di commenti tra il serio e il faceto che riempivano il locale di un frastuono da sagra di paese. Carlo riuscì ad avvicinarsi a stento al bancone, dove i due titolari e la Susanna facevano fatica a servire tutti i clienti.
"Mi fai un caffè doppio?" Tutto quel trambusto, quell'euforia. Avrebbe voluto urlare <sono io il vincitore!> Susanna gli porse il caffè e lo fissò con uno sguardo inequivocabile. Aveva capito.
Dopo un paio d'ore erano a casa di lei e nel volgere di un attimo si trovarono avvinghiati a letto. Erano da poco passate le due e lui si svegliò in preda al panico. Cosa aveva fatto? Lei si tirò su e completamente nuda si diresse in cucina. Il bagliore dei lampioni stradali ne delineavano il corpo perfetto, Carlo era eccitatissimo. Lei tornò con un contenitore, lo aprì e si apprestò a compiere un gesto chiaramente familiare.
"Ne vuoi un pò?" Carlo era sempre stato lontano dalle droghe. Non era un puritano, ma le considerava porcherie nocive alla stregua di veleni.

"Certo come no, dai qua" Passarono il resto della notte drogandosi e facendo sesso e all'alba lei si  preparò per andare al lavoro.. Lui era stravolto e si chiedeva cosa avrebbe detto sua moglie. Susanna stava uscendo e si voltò verso di lui affermando
"Abbiamo un patto noi due, prenota i biglietti per i Caraibi"
Cosa aveva fatto? Rientrò a casa in tempo per incontrare la moglie. Faticò a guardarla, la notte di bagordi aveva lasciato il segno. Lei lo osservò un istante e poi con tono glaciale disse
"Ovviamente oggi non vai a cercarti un lavoro" e uscì di casa lasciandolo nella sua disperazione.
Susanna gli aveva lasciato un pò di droga,. Aveva deciso  di buttarla nel water ma ripensandoci decise di farsela tutta; aveva cambiato idea.
Si recò in città, presso un notaio conosciuto in precedenza. In breve riuscì ad ottenere una linea di credito con un ente affiliato ad una finanziaria avendo a disposizione da subito tre milioni.
Per due settimane si diede alla pazza gioia, folleggiando con la ragazza del bar fino all'esaurimento. Le sue fugaci apparizioni a casa coincidevano sempre con gli orari in cui le figlie non erano presenti. Incrociò qualche volta la moglie, che fiera e orgogliosa non gli rivolse mai la parola, nessuna domanda, niente.
Quel sabato mattina doveva andare a ritirare la macchina nuova e gli serviva un documento che teneva nella cassaforte di casa. Aspettò che passassero le nove, così anche sua moglie sarebbe stata fuori. Invece la trovò ancora in casa. Si defilò e andò a recuperare il suo documento. Stava per uscire furtivamente, come un ladro, quando con la coda dell'occchio vide il volto di sua moglie e per un attimo si bloccò. Chiaramente lei aveva appena finito di piangere, non piangeva mai, la donna forte che sopportava tutto, o quasi. Non si parlavano da due settimane ma non riusciva a muoversi per andarsene, qualcosa lo bloccava. Dalle sue labbra uscirono alcuni suoni sconclusionati. Poi con uno sforzo estremo articolò due parole con un senso.
"Tutto bene?" lei sollevò il capo chino, lo guardò come si trattasse di un soprammobile.
"Le tue figlie, hanno chiesto di te" Una amazzata in testa gli avrebbe causato meno danni. Un conato di vomito gli salì dalle viscere. Sapeva che restando lì sarebbe stato stritolato dall'angoscia, così, senza nessuna risposta, scappò via; aveva una macchina da ritirare.

"Anzi, vediamo a quanto arriva questo gioiellino" Accelerò, 250,260,270 km all'ora e saliva ancora.
Un bagliore improvviso si parò davanti ai suoi occhi,accecandolo. Frenò bruscamente, per fortuna quel bolide era dotato di sistemi di frenata all'avanguardia e tutta una serie di sensori e pompe idrauliche tennero la vettura sulla carreggiata. Adesso viaggiava a meno di 70 km orari. Si fermò alla prima piazzola, scese dall'auto e vomitò violentemente. Risalì in macchina si ripulì e scoppiò in un pianto frenetico, singhiozzando e gemendo.
Rientrò a casa e trovò la moglie piangente dove l'aveva lasciata, in cucina. Prese una sedia e si pose di fronte a lei. Si fissarono per un attimo, sguardi vuoti. Poi lui parlò
"Ho visto la morte, da una parte. Dall'altra la vita, ho visto te. Scusa, ho sbagliato, perdonami se puoi"
Il suo viso si illuminò di una gioia immensa, lo sguardo di lei era tornato quello della donna che amava. Nessun contatto, nessuna foga, lei si limitò a dire due parole fondamentali
"Ti perdono"

"Vi è piaciuta la storia? Il mondo è pieno di problemi ma se scaviamo nel nostro animo ci sono parecchie cose buone. Il saper perdonare è una di queste" Tutti i presenti erano attenti e uno disse
"Magari lo ha perdonato per tutto quel mucchio di soldi che aveva vinto"
"No, no. Con quei soldi hanno avviato attività benefiche. Ma questa è un'altra storia"
"C'è la racconti maestro?"
"Un'altra volta, adesso sono stanco. E ora, chi mi prepara una cioccolata calda?"