Mi piace la matematica

Durante la mia carriera scolastica non ho mai avuto risultati brillanti tanto da far luccicare gli occhi dei miei che ci tenevano molto ad avere l'onore di vedere la propria figlia osannata come "prima della classe".
Me la sono sempre cavata con risultati solo di poco superiori alla media e le mie pagelle erano costellate da una maggioranza di "sei", la sufficienza, un buon numero di "sette" e solo qualche "otto"; raramente un "nove", il "dieci" poi non me lo davano nemmeno per la condotta.
I risultati più brillanti, più apprezzabili, li ottenevo in matematica.
Questa era la materia di studio da me prediletta da quando la maestra della scuola elementare aveva seminato, con metodo e affetto, l'interesse per numeri e forme geometriche.
Ricordo il piacere, infatti, di costruire tanti piccoli cubetti dallo spigolo lungo un centimetro e poi con questi riempire un cubo dallo spigolo lungo un decimetro sotto la guida della mia "maestra" .
Oggi so calcolare quanti centimetri cubi ci sono in un decimetro cubo perché l'ho appreso "facendo" e non potrò mai dimenticarlo!
Perciò posso affermare senza alcun dubbio che proprio questo è il segreto per il successo e la validita' dei metodi d'insegnamento anche in famiglia, nei luoghi di lavoro e, quindi, non solo nella scuola. Questo segreto stabilisce che il "concetto" deve avere come padre il fare e come madre la finalita', una motivazione al fare... lavorare sì ma con un fine. A volte tutto è in regola, c'è il padre e la madre... ma non nasce niente. Allora cosa manca?
Manca l'affettivita', quel sentimento di fiducia che fa sì che chi sta imparando riconosca nell'adulto il "maestro"... colui che sa!
Solo con queste premesse s'impara qualcosa e ogni insegnante dovrebbe ricordare che prima di chiedere bisogna dare, l'allievo deve sentirsi amato e poi fara' qualcosa per ricambiare questo sentimento.