famiglia vs bulli- L'artista del figlio del re

Lucia, adoolescente di Assemini, scopre che il racconto medievale che sua madre le ha raccontato è una storia vera. Durante le vacanze con il patrigno Sebastian e la madre, finisce nel passato tramite la chiesa di Saint‐Vincent. Dopo aver scopertto la verità su suo padre, Lucia vuole vendicarsi, ma scoprirà che c'è qualcosa di meglio dell'uccidere chi ha eliminato ingiustamente il di lei padre biologico. Vaniglian cerca me, la vedova dell'inventore della macchina del tempo per costringermi a dargliela, così da poterla consegnare al re. Egli non la utilizzerebbe per buoni fini e io non voglio che la ottenga. Mentre mia figlia, mio marito, mio fratello e il mio amico Tauraran ed io ci prepariamo per difenderci da Vaniglian, sentiamo le sue grida in lontananza:.«Erunámë di Isilmë, esci, se non vuoi che bruci tutta la città dentro e fuori dal recinto del priorato. So che ci sei. Sarai accusata di stregoneria, tu e tutta la tua famiglia, se non esci. Il congegno verrà fuori. Dammelo e facciamola fuori una volta per sempre».
Vaniglian era arrivato. Siamo bloccati, non avevamo pensato che sarebbe arrivato così in fretta.
«È solo?» chiedo io.
«No».
«Vaniglian, lascia stare le persone e le cose. Tu vuoi me, vengo fuori, ma dobbiamo finire la storia tra noi e quindi dovrai essere solo» rispondo.
«No».
«Se non lo farai, andrai all'inferno; non puoi attaccare una donna con un gruppo di amici armati. Io e te oppure niente. Ricordati, se farai qualcosa andrai all'inferno. Tu e tutti i tuoi amici, se collaboreranno con te. Sei tu che gli hai dato l'idea. Non puoi salvarti».
Vaniglian balbetta. Io continuo. Nel frattempo, tutti cerchiamo di scappare da una porta sul retro. Corriamo verso il bosco. Ricordo di averlo attraversato secoli fa e di aver visto la cattedrale.
Vaniglian si accorge che qualcosa non va e decide di andare verso il bosco. È il posto più vicino e sicuro per nascondersi. Il bosco è vicino, ma c'è un tratto di strada scoperto. Avrebbe potuto colpirci con arco e frecce o lanciando una torcia ardente.
«Dovremmo trovare dei cavalli» dice Tauraran. In effetti, di sicuro Vaniglian sarà a cavallo. Noi a piedi non saremmo andati lontano.
Per fortuna, qualcuno tra gli amici di Vaniglian aveva preso sul serio la minaccia dell'inferno. Sapeva che ero amica del priore. Di solito gli ecclesiastici non maledivano, ma se toccavi i loro amici, chissà cosa poteva capitare. Non voleva rischiare di finire all'inferno con Vaniglian ed era fuggito, scendendo dal cavallo. Al volo salto in groppa all'animale, che vagava agitato alla ricerca del padrone. Non sembra molto felice, ma riesco a fargli capire di stare buono e ubbidire. A fatica, faccio salire mia figlia dietro di me. È terrorizzata, ma sale. Faccio correre il cavallo che, più spaventato di prima, parte a tutta velocità.
«Quante cose non hai raccontato nel riassunto del passato?» chiede mia figlia.
«Tante, forse, ma non sono rilevanti».
«Come...»
«Non so cavalcare».
«Cosa?»
«Non so cavalcare, so pochissimo».
«E come ci fermiamo?»
«Adesso non dobbiamo pensarci, dobbiamo scappare».
Gira gira ci perdiamo nel bosco. Il cavallo è agitato, ma inizia a stancarsi. Credo che Vaniglian sia lontano, invece alla fine sento la sua voce: «Erunámë di Isilmë, dammi il congegno, o finirai tu all'inferno. Chi hai portato con te?»
Non ha capito che sono io Erunámë di Isilmë.
Mi butto giù dal cavallo e mi prendo dei colpi dall’animle, ma sono viva e quello scappa con in groppa mia figlia. Sono spaventati entrambi, ma vivi.
«Sono qui. Scendi!». Preparo una freccia e mi metto davanti a lui. Vaniglian è spaventato. Non capisce come io possa essere invecchiata in un giorno e cosa siano i nuovi occhiali. Pensa che sia una strega. Si avvicina, si gira e scappa. Io tiro la freccia, ma lui riesce a salvarsi. Sto per tirare di nuovo quando qualcuno esce dal nascondiglio tra le piante e blocca Vaniglian. Ha una spada, è Sebastian. Colpisce con un affondo, Vaniglian para e fa un affondo a sua volta. Pur essendo abituato, gli affondi sono piccoli e meno precisi. Sebastian tiene la spada con due mani e affonda la lama meglio di lui. Vaniglian arretra ogni volta.
Sembra cadere, ma si alza e dà un calcio a Sebastian. È una sorpresa, non è valido. Urlo, Sebastian non cade, raccoglie una pietra e sta per colpire Vaniglian, quando si sente un urlo. Entrambi si girano e vedono mia figlia.
«Lascia stare mio padre». Si avvicina e si mette in mezzo. Estrae la spada e affonda. È arrabbiata come Sebastian e combatte come il padre. Vaniglian è preoccupato. Cerca di fare affondi, ma Sebastian aiuta la figlia con indicazioni o avvicinandosi. Aveva raccattato la spada e si avvicinava per distrarre Vaniglian. L'ultima parte del duello è tra mia figlia e Vaniglian. Vuole prenderlo, lo vuole. Si vendicherà. All'ultimo, riesce a spostarsi e a colpire. Vaniglian cade ed è lei a dargli un calcio. Si ferma e gli punta la spada alla carotide.
«Ho vinto. Posso tagliarti la testa così mi vendico per tutti. Per mio padre, Erumaren di Isilmë, per mia madre, per il priore e la cattedrale, per mio padre Sebastian e per me. La vita che ho fatto è orribile e la colpa è tua. Non sai cosa vuol dire essere la vittima. Sei un bullo, ma adesso comando io e se voglio tu diventi la vittima. Se ti uccido vai all'inferno, ma lo so che hai paura e quindi ti darò una possibilità. Se non vuoi andare all'inferno, devi giurare sulla tua testa che sarai il mio servo, soprattutto quando te lo dirò. Dovrai fare qualcosa per me e lo dovrai fare come ti dico io. Dovrai farlo bene, se no andrai all'inferno. E se ti venisse in mente di cambiare idea, ricorda che hai giurato sulla tua testa e quindi morirai e andrai all'inferno. Cosa faccio? L'infermo è assicurato, ma se fai buone azioni, magari ti salvi».
Vaniglian tace.
«Allora non hai paura dell'inferno».
«Non sembra» dice Tauraran, apparso ora tra l'erba fitta che lo nascondeva. «Falla finita, non ha paura. Fallo fuori!».
Vaniglian diventa bianco come se stesse morendo e balbetta mentre trema.
«Ah, forse ha paura. Crede che puoi farlo, o che lo potremmo fare noi per te».
Appare mio fratello, ha in mano uno scalpello. Non so cosa voglia fare, la mano buona non è quella che usa e non so se ha imparato ad essere mancino, nel frattempo. Per lavorare aveva trovato il modo, ma per colpire qualcuno, forse, non era il caso di provare.
«No, no accetto» implora Vaniglian.
«Giura sulla tua testa!».
Vaniglian giura e viene tirato su a forza. E' l'anno prossimo, durante la maturità di Lucia, che lui e noi altri avremo un ruolo. Niente più bullismo e raccomandati! Torniamo nel futuro. Il giorno dell'orale arriva. Il passato e il presente stanno per scontrarsi oppure ci sarà giustizia per una buona alunna?
«Lucia Luna Fleat» chiamano dalla classe. Lucia entra felice e soddisfatta. Ha avuto un ottimo punteggio negli scritti. Gli orali sarebbero stati la sua rivincita. Si avvia, comunque preoccupata, nell'aula. È l'ultima della mattina e, chissà perché, non può avere un testimone. Quella prima di lei l'ha avuto. Perché non poteva averne uno? Ormai... Prima domanda. È molto facile, Lucia risponde correttamente, ma non c'è nulla da fare: i professori titolari hanno deciso che mia figlia debba prendere un voto più basso di quello che merita. L'orale è l'unico modo per fregarla. L'insegnante dice che quello che lei ha detto è sbagliato. Lucia non ha il coraggio di estrarre i suoi appunti per dimostrare che non poteva esserselo inventato. Tutti sapevano che era brava a prendere gli appunti. Sebastian attende che lei li distragga. Non vuole ingaggiare una battaglia con i professori per difenderla. Deve cavarsela da sola, purtroppo. Avrebbero detto che era lei la raccomandata, se lui si fosse messo in mezzo, sempre che, in loro assenza, non fosse già stato suggerito. Sa che sarebbe intervenuto, se le cose si fossero messe male, ma cerca di tacere il più possibile. Gli occhi di padre e figlia si incrociano con quelli del presidente di commissione. Lui insegna una materia che si avvicina molto a quella di indirizzo e potrebbe dare ragione all'esaminanda.
«Io sono un po' cotto perché sono stanco. Non ci sono molto, ma io lascio che il collega dica quello che pensa, è lui l'insegnante di quella materia. Io insegno una cosa simile, ma non me ne intendo tanto dell'argomento specifico. Se lui dice cosi...»
Sebastian e Lucia vorrebbero dare una testata al banco, disperati. Non possono crederci. Corruzione fino a questo punto? Il padre guarda la figlia, cercando di mandarle un messaggio mentale: stai calma, non ti agitare. Adesso è il turno dell'inglese. Andrà bene. Lucia sceglie un argomento a piacere. Sebastian ha preferito così. Non vuole che possano fare commenti tipo: «Vi siete preparati le domande prima, vivete insieme». L'argomento a piacere può sempre contenere qualcosa su cui domandare e poi era giusto rassicurare l'alunna appena distrutta da un commento tosto e sbagliato di quel primo professore.
Dopo l'argomento a piacere, Lucia si alza dalla sedia e raggiunge un altro banco. Tocca a matematica. L'insegnante le sorride e le dice di controllare lo scritto. C'è un solo errore. Era in grado di trovarlo? Lucia fissa la fine del foglio. Sa già dove cercare. Si era accorta dell'errore dopo aver consegnato lo scritto. Era assurdo: un'intera equazione corretta tranne che per il risultato. Aveva visto male il segno.
«Fa 5, non 0» dice. «Scusi, prof, mi sono accorta quando avevo consegnato. Ci ho pensato tutta la notte, concludendo che oggi lo avrei detto subito. Ho preso un segno per un altro».
La prof esterna le sorride. «Fa niente, ne ero certa, ma meglio controllare. Non ho altre domande, sai tutte le regole necessarie».
E via con le scienze, ma l'insenante vuole dimostrare che la scuola da cui viene è migliore di quella di Lucia. Si conoscevano: Lucia aveva provato a cambiare scuola ed aveva partecipato ad una lezione della donna. Mia figlia, però, aveva deciso di restare dov'era, nonostante tutto. Almeno lì il programma non era indietro come nel caso della nuova scuola. Non avendola come alunna brillante, l'insegnante esterna, si vuole vendicare. E così la storia continua, eccetto per la prof di storia e letteratura, a sua volta esterna. I prof devono privilegiare la raccomandata di turno e se ne escono con un commento errato riguardo la tesina: «Quelle cose di cui parli nella parte storica sono pure leggende, nessuno le ha mai ritrovate» le dice qualcuno. Non si tratta del primo commento infelice, avevano già definito gorgheggi la parte musicale del file PowerPoint. Lucia ha la testa che gira, deve sforzarsi di stare calma per non dimostrare di essere ansiosa. Avrebbe voluto esserlo, però. Sente una mano sulla spalla, alza lo sguardo e vede suo padre. Le mostra lo strano orologio che portano entrambi. Come quelle collane il cui ciondolo a forma di cuore si divide in due, anche quell'orologio sembra fatto a quel modo. Avvicinano i polsi e l'incastro avviene alla perfezione.
«Insieme?» chiede lui.
«Come concordato» risponde lei. Girano qualcosa che non sembra proprio una lancetta normale. Dopo il primo colpo, quella si muove da sola. Un rumore strano spaventa tutti. È come se l'unica parete coperta di mattoni stesse per crollare.
Uno, due, tre.... non accade nulla. Tutti si tranquillizzano. Lucia cerca di prendere qualcosa nello zaino. È ancora legata a Sebastian, il quale segue il movimento verso l'oggetto. Non c'è modo di dire che sono pazzi perché subito tornano a fissare gli altri insegnanti. Lucia butta qualcosa su un banco.
«Questa è la spada antica che non doveva esistere. Eccola, come se fosse nuova. E’ come nuova, ma si vede che è fatta da un armaiolo antico. È stata trattata da antichi lavoratori».
L'insegnante di storia la guarda e conferma che non è finta.
Gli storici fissano i professori con evidente soddisfazione. Qualcuno ha il coraggio di dire che non è possibile, la spada sarebbe stata costosa e non possono permettersela, lei è troppo giovane per conoscere davvero tutte quelle cose. Sul banco, infatti, ci sono oggetti della stessa epoca. Solo chi conosce davvero la storia può fare ricerche che portino a ritrovare certi reperti. La salute di Lucia non lo permetteva.
«Oh, sì che posso» legge un numero inciso sul congegno che per gli altri non ha senso. Solo una persona conosce il significato.
«Io sono Calië di Isilmë. Mia madre era Erunámë, cantante della taverna Gratulantes di Isilmë e scalpellina artista e trovatrice di Tauraran di Isilmë, collaboratrice del costruttore della Cattedrale di Ohtanis...»
«Stai impazzendo? Non stai bene...»
«Sto benissimo. Siete voi che non state bene».
Qualcuno cerca di far credere di essere d'accordo. Non vuole che lei si arrabbi. Quando sarà calma, non avrà nulla da dire, se non il perché si sia inventata tutto.
«Chi può confermarlo?» chiede.
Normalmente lei avrebbe messo in mezzo i genitori, ma non lo fa. Lei e Sevastian sorridono. Il conto alla rovescia era terminato. In poco tempo sarebbero entrati dalla parete di mattoni. Da uno spiraglio qualcuno spia la scena. Sebastian fa un gesto molto conosciuto con la mano. La porta creata dall'orologio si apre e molte persone vestite in modo strano entrano nella classe.
La prof di storia si sente svenire. È l'unica a capire davvero.
«Io» dice Tauraran. «Tauraran di Isilmë in persona».
«Noi. Tavernieri della Gratulantes». Due signori si fanno avanti.
«Io. Mastro costruttore Eruvarno di Ohtanis». Un giovane coi capelli rossi molto magro si avvicina.
«Io». Vaniglian si avvicina con la mano pronta ad estrarre la spada. «Sono Vaniglian, battuto da questa giovane e da quest’ uomo in battaglia. Salvato solo per questo». Non spiega cosa significhi. Crede che capiscano a cosa si riferisce. Guarda Lucia e Sebastian molto soddisfatto.
«Non è possibile. Questa gente dovrebbe essere morta» si lamenta qualche detrattore.
«Non con questo». Lucia si avvicina e mostra l'orologio. «Questo è stato creato dal mio vero padre, Erumaren di Isilmë. Era uno scienziato ed aveva inventato un meccanismo ad incastro fatto con pietra, legno e altri materiali per viaggiare nel tempo. Mio padre è morto. È stato ucciso. Io e mia madre ci siamo salvate e viviamo qui grazie alla sua invenzione. Sono finita nel passato mentre ero in vacanza. Ho battuto Vaniglian e gli ho salvato la vita solo per ottenere questo. Ora siamo qui e voi dovete darmi risposte. Mio padre sapeva tutto sul corpo umano e non è possibile che i miei appunti siano sbagliati. Se lo fossero, mi sarei accorta. Sono sua figlia. Cara professoressa, dica la verità, voleva solo umiliarmi. Quanto al resto, dovrete parlarne con Vaniglian. Non potrete bluffare con lui».
Qualcuno guarda verso la porta da cui uscivo io assieme a Segan, Vanimellë e il priore Eruolmo. Il passato stava invadendo il presente. Usciti tutti, Lucia sgancia il suo pezzo di orologio da quello del padre. Gli sussurra qualcosa di bello e guarda gli insegnanti. Io mi avvicino a Sebastian e lascio che mi abbracci. Mi stringo a lui. Deve sapere che, nonostante si sia nominato Erumaren, noi gli vogliamo bene.
«Che voto volete darle?» chiede in quel momento Vaniglian. «Mi pare che conosca bene il passato e lo abbia raccontato in maniera perfetta. Sicuramente non ha sbagliato la domanda scientifica. Che voto le darete?»
Alla fine gli insegnanti cedono e accettano di scegliere tra 97 e 100. Solo un voto tra quelle cifre sarebbe andato bene. Le prove scritte contavano e il voto totale, sommando i punteggi, era altissimo. Dovevano per forza far credere che l'orale avesse fatto schifo per rifilare un 87.
«Ho commesso vari reati, ma so fare i compiti» conclude Vaniglian.
La prof di storia e lettere annuisce, consapevole che stesse dicendo la verità.
«Ma infatti per me merita un bel voto» risponde. Vaniglian guarda il foglio sul banco della donna. Si avvicina per leggere meglio.
«Ci credo, le hai dato il voto più alto. Non sei tu il problema». Guarda gli altri con occhi di fuoco. «Chi di voi?» chiede.
Il presidente fa un cenno verso qualcuno. Vaniglian estrae la spada e in pochi salti è davanti a lui. Punta la spada al collo dell'altro
«Non mentire. Sai bene che non è Sebastian Fleat il problema. Sei tu?»
«No» risponde lui, spaventato.
«Sì» si lascia sfuggire Lucia per errore.
Vaniglian grida e si getta sull'uomo.
«Fermo! Non so uccidere un uomo per così poco, lo sai bene. Neanche per salvare la tua padrona. Non è questo il caso. Non siamo nel passato.»
Vaniglian ruggisce e si allontana. «Sentito? Sei fortunato. Non vogliono che ti uccida. Il coretto di madre e figlia è stato convincente».
«Scusate, signorino Vaniglian, visto che voi delle leggende storiche siete veri, vorrei chiedervi un favore. Voi sapete tutti scrivere, giusto?» chiede la prof di italiano e storia.
Vaniglian si adira: «Dipende da cosa si intende per scrivere».
«Sì, certo» diciamo tutti. Subito dopo, l'insegnante ci convince a fare una foto. Vaniglian teme l'idea, ma accetta quando capisce cosa sia. Finito tutto, aspettiamo gli insegnanti. Quando quella di storia e letteratura esce, ci avviciniamo.
«Buongiorno, le piace la leggenda della nostra storia?» inizio.
Lei annuisce. Non sa se essere preoccupata o contenta di essere stata fermata.
«È stata gentile con mia figlia. Le vorremmo offrire un regalo. Vorrebbe fare una vacanza speciale?»
Quando la donna capisce è emozionata e salta sul posto. Accetta.

Estratto rimaneggiato per diventare una breve storia tratto da l'artista del figlio del re, terzo posto al SelFestival luglio 2023 ‐ Fiera del libro online ‐ Fiera del libro di Brindisi.