I doni di Prometeo

Prima che Prometeo si facesse prendere dalla brama del successo e si intromettesse nelle faccende degli uomini allo scopo di diventare un mito a tutti i costi, gli esseri umani se la passavano davvero bene ‐ anzi, se la spassavano.
Guardavano e non vedevano, ascoltavano ma non capivano, si riparavano un po’ qua un po’ là, senza preoccuparsi di case di legno o di mattoni, rifugiandosi magari sotto terra, come formiche o talpe.
Indifferenti al freddo dell’inverno e alla calura dell’estate, non calcolavano il tempo e dunque non soffrivano di stress, trascorrevano la loro vita senza l’ansia della semina e del raccolto, senza calcoli né riflessioni filosofiche sui vantaggi e gli svantaggi dell’essere uomini invece che bestie. Anzi, le bestie erano i migliori amici degli uomini – e su questo non è che sia cambiato un granché nel corso dei millenni ‐.
Quando si ammalavano lasciavano fare alla natura, non conoscendo unguenti né pozioni medicamentose, e il più delle volte se la cavavano, tanto che la morte spesso doveva inventarsi degli hobby alternativi, per ingannare il tempo dell’attesa.
Ma se gli uomini erano saggi nella loro profonda ignoranza, non lo erano altrettanto gli dei che, come sappiamo bene, erano nati con una gran presunzione congenita e con la convinzione che, se per caso dovessero verificarsi problemi sulla terra, tocca sempre ad un dio risolverli – anche a questo riguardo le cose non sono cambiate poi molto nel susseguirsi dei millenni: infatti, a scadenze cicliche, in punti diversi del globo compare il dio del momento e ne conseguono catastrofi e genocidi.
Fu così che entrò in scena quel Prometeo di cui si è detto prima e decise del tutto autonomamente di donare agli uomini tutto ciò di cui non avevano affatto bisogno.
A partire dalla scienza degli astri – per cui si cominciarono a distinguere nel fluire del tempo le quattro stagioni, con la conseguenza che la fiorente primavera e la fruttifera estate vennero privilegiate rispetto al gelido inverno e al plumbeo autunno e gli uomini conobbero la tristezza delle lunghe giornate piovose e l’insofferenza del caldo afoso – forse per questo motivo nel futuro della storia dell’umanità ci fu chi si preoccupò di sconvolgere a tal punto l’equilibrio ecologico, da eliminare ogni differenza meteorologica e climatica tra le quattro sorelle e l’inverno si confuse con l’autunno, la primavera scomparve del tutto e l’estate, più capricciosa che mai, faceva capolino a suo piacimento nel corso dell’anno, portando con sé piogge rovinose e calure da piromania acuta.
Poi inventò per il genere umano la scienza dei numeri e le combinazioni delle lettere, sulle quali si basa il ricordo di ogni cosa, senza chiedersi se per caso qualcuno preferisse lasciare al buco nero dell’oblio il passato, per proiettarsi interamente verso il futuro.
Insegnò agli uomini come aggiogare le bestie, perché facessero al loro posto i lavori più pesanti – e da lì derivò l’unica , reale distinzione tra uomini e animali ‐.
Inventò le vele per le navi – le prime agenzie di viaggi nacquero allora ‐ e le miscele calmanti per difendersi da tutti i morbi – cosicché, anche quando non ne avevano affatto bisogno, gli esseri umani si imbottivano di medicine, con la conseguenza di ammalarsi sul serio.
Ma il clou dei clou Prometeo lo raggiunse quando rivelò all’uomo i beni nascosti nelle viscere della terra: bronzo, ferro, oro. Non poteva certo immaginare, l’ingenuo, che con il passare dei millenni un uomo più scaltro di altri ne avrebbe approfittato per spaccare in due l’umanità: chi ha l’oro e chi non ce l’ha – ma queste sono sottigliezze di fronte ai vantaggi del profitto.
Alla fine, però, commise un errore imperdonabile, che gli costò il fegato: volle strafare e rivelò agli uomini il segreto del fuoco, rubandolo al padre Giove.
E Giove, che non per nulla era il dio dell’Olimpo e per diventarlo aveva dovuto affrontare persino le cento teste di Tifèo ‐ per non parlare della lotta coi Titani, che l’aveva davvero stressato ‐ dopo aver lanciato dappertutto fulmini e saette, come succedeva quando si arrabbiava sul serio, scelse per il figlio degenere una punizione a dir poco  crudele, da tortura cinese: lo incatenò su una rupe del Caucaso e ordinò ad un avvoltoio di rodergli il fegato durante tutto il giorno: ma questo, quasi a dispetto, ricresceva tale e quale durante la notte. E l’avvoltoio lì a rodere tutto soddisfatto da mattina a sera, sapendo che avrebbe tranquillamente digerito nel corso della notte.
Solo che Giove non aveva fatto i conti con Ercole, suo figlio – nato per caso da una relazione extraconiugale con Alcmena, mentre il marito di lei, Anfitrione inseguiva la gloria militare nella guerra contro i Teleboi – vedi a cosa porta la smania di successo?
Dunque Ercole, che non sopportava di essere un semplice semidio, spesso ignorato e snobbato elegantemente dai vip dell’Olimpo, volle farla pagare al sommo padre Giove ‐ che nel frattempo continuava con le sue scappatelle, alle spalle di Giunone, sua moglie – e un bel giorno liberò Prometeo dall’avvoltoio.
Non mi chiedete come quest’ultimo si sia procurato il cibo da quel momento in poi, perché i testi antichi non lo dicono, ma certamente in qualche modo se la sarà cavata anche lui., e d'altra parte che la sua specie abbia proliferato ampiamente nel corso dei millenni è un dato: basta guardarsi intorno.