Il Genio del Natale e il dono della seconda chance

Nonno Geremia aprì il grande libro, rilegato in  pelle di capra e marocchino, che ogni anno, a Natale, non mancava di porre sotto l’albero insieme agli altri doni per i suoi otto nipotini, e cominciò a leggere la sua storia tanto straordinaria quanto incredibile, ambientata in un tempo senza tempo e in un luogo senza luogo.

La fiamma del grande camino diffondeva tutt’intorno, nella stanza del castello, un tepore rassicurante, mescolando il suo scintillio con quello delle dodici candele del  prezioso lampadario sospeso al soffitto da enormi catene di bronzo massiccio. Distesi su comodi triclini rivestiti di velluto color porpora, otto giovani sorseggiavano del buon Falerno, invecchiato di tre anni, godendo tranquillamente del dono straordinario e inaspettato che il Genio del Natale aveva fatto loro. Con l’aiuto della Buona Sorte, da sempre in rotta con la sorellastra Mala, aveva deciso di ribellarsi all’inflessibilità del Fato e si era divertito a capovolgere il destino di otto famosi amanti della storia, tanto presi dalla loro passione d’amore  da esserne condotti a morte. “Che tu lo voglia o no ‐ aveva urlato sul volto imbronciato del grande Vecchio ‐  Amor omnia vincit e io riscriverò l’ultimo capitolo delle più belle storie d’amore finite male a causa della tua caparbia insensibilità.‐ E la Buona Sorte aveva accettato di aiutarlo in quella missione ai limiti della credibilità.
‐Aggiungi un po’ di legna al fuoco, Tristano! – disse Isotta la Bionda con la sua voce cristallina ‐  Temi forse che re Marco, tuo zio, decida di ripensarci e per vendicarsi di noi smetta di inviarti legname dalla Cornovaglia? –
‐ Non credo proprio! – intervenne Francesca, con un sorriso sornione negli occhi. – I vecchi sanno bene quando è il momento di farsi da parte e lasciare spazio ai giovani innamorati e lo sanno anche i brutti come Gianciotto, non è vero Paolo?‐
‐ Certo che siamo stati fortunati, amici miei. Immaginate la scena: mio fratello entra in camera e vede sua moglie, seduta sul letto accanto a me, che mi bacia appassionatamente, con quel benedetto libro di Lancillotto sulle ginocchia. Io credo che chiunque avrebbe perso le staffe e ci avrebbe trapassati con la spada senza pensarci su due volte.‐
‐ E invece lui cosa fece? – continuò Francesca, intromettendosi come al solito nel discorso del cognato amante – Si voltò verso il grande specchio che troneggiava a lato del nostro letto e rimase ad osservare a lungo se stesso. Poi gettò a terra la spada e gridò: “Gianne lo sciancato! Dovevi aspettartelo. Il potere e il denaro nulla possono contro l’amore, soprattutto se sei brutto e deforme come sono io. Dovevo sposare Zambrasina di Tebaldello Zambrasi da Faenza, ed è quello che farò non appena  voi due sarete spariti dalla mia vista. Andate via, prima che ci ripensi”‐ E mentre Francesca parlava, Paolo sorrideva soddisfatto, centellinando lentamente il buon Falerno.
‐ Non siate così sicuri che solo la bellezza e la gioventù possano generare amore mentre la bruttezza debba essere sempre ed esclusivamente fonte di dolore e di rinuncia.‐  Intervenne un po’ stizzita Saffo, staccandosi malvolentieri dalle braccia di Faone – Se io l’avessi pensata come voi, ora non sarei qui con l’uomo che amo e che il Fato malvagio stava inducendomi ad abbandonare per sempre, spingendomi giù dalla rupe di Leucade. Per fortuna, pochi minuti prima che io compissi quel gesto irreparabile, una vecchia viandante mi vide là, sul bordo della rupe e mi si avvicinò cautamente, senza parlare. Si sedette accanto a me e cominciò a canticchiare una nenia dolcissima, una di quelle che solo le madri sanno inventarsi per rassicurare i loro bimbi spaventati dal buio della notte.‐
‐ E doveva essere davvero dolcissima – continuò al suo posto Faone, accarezzandole il viso nascosto da un velo ricamato di fili d’oro – se la mia Saffo decise di allontanarsi dal baratro e di accoccolarsi sulle sue ginocchia piangendo in silenzio. La vecchia le disse di essere la sua Buona Sorte, intervenuta in tempo per impedirle di compiere un atto tanto doloroso quanto inutile, che avrebbe reso infelice per sempre l’uomo che l’amava e che non aveva mai osato avvicinarsi a lei perché intimidito dalla sua straordinaria capacità poetica e dalla bellezza sublime dei suoi versi. –
‐ Quel giovane era il mio Faone – concluse raggiante Saffo – e io stavo per rinunciare a lui e alla mia vita solo perché condizionata dalla mia bruttezza fisica.‐
‐ Vi sbagliate di grosso, se date credito al detto “La bellezza apre tutte le porte” – disse Euridice, col volto dolcissimo illuminato dalla fiamma del fuoco – Per godere anzitempo della mia vista, mentre risalivamo a fatica verso una nuova vita, Orfeo rischiò di chiudere per sempre dietro di sé nientemeno che la porta degli Inferi, lasciandomi per sempre nel buio della morte. –
‐ Ma per nostra fortuna – aggiunse umiliato Orfeo ‐  Buona Sorte mi prese per mano e mi trascinò su, verso la luce, prima che la passione mi accecasse. Anche saper attendere il momento giusto, senza bruciare le tappe, aiuta a vincere, se l’amore è grande.‐
‐ Non dirlo a me ‐ intervenne di slancio Tristano, gettando un altro grande ciocco di legname di Cornovaglia sul fuoco ‐ Io ho dovuto mettere a rischio la vita almeno cinque volte per conquistare la libertà di amare Isotta! In fondo convincere zio Marco a lasciarla a me non fu difficile, ma rischiare di morire per l’inganno di una donna gelosa (Isotta dalle bianche mani, naturalmente!) e per il colore bianco o nero delle vele di una nave è davvero troppo. ‐
‐ Anche per nostra fortuna – lo interruppe sorridendo Isotta ‐  il vecchio Genio intervenne in tempo, facendo ravvedere la mia rivale sulla sua pretesa assurda di prendere il mio posto nel cuore del mio amato con l’inganno. Amor omnia vincit, giusto? Pensate che fu proprio lei, alla fine, a rassicurarlo che le vele della mia nave erano bianche e che presto mi avrebbe riabbracciata. –
Poi, alzando il calice colmo di rosso nettare, aggiunse raggiante: ‐ Ma ora è il momento di festeggiare il Natale, in questo tempo senza tempo, in questo luogo senza luogo, e di ringraziare all’infinito il nostro Genio protettore, che ha voluto riavvolgere il filo delle nostre vite, riannodando con il fiocco della felicità i nostri rapporti d’amore.‐

Tutto ciò avvenne in un tempo senza tempo e in un luogo senza luogo – concluse nonno Geremia rivolto ai suoi otto nipotini – Ma nulla toglie che, con un po’ di fantasia, ognuno di noi potrà attribuire a se stesso una parte  di questo splendido racconto e trarne un insegnamento utile per darsi, eventualmente, una seconda chance come dono di Natale.