In ascensore

L'anno è il 1975 o 1976, Raffaella è piccola, ha quattro o cinque anni. Mario ha deciso di farmi un regalo speciale: la notte di capodanno al casinò di Sanremo. Ma io non so, non so neppure cosa mettermi, non sono abituata a certe cose. Comprati quello che ti serve, dice lui, senza strafare, ma vestiti. Va bene, vado in un negozio di Torino e mi compero un abito nero, lungo, da sera e poi un giaccone bianco leggermente peloso, sintetico ma molto di effetto. Sulla scollatura dell'abito campeggia una bellissima rosa verde che so già, avrò le mie difficoltà a sistemare. Borsettina da sera, una bustina argentata di quelle in cui non ci sta niente, tanto per intenderci. Insomma, alla fine un insieme niente male. Abbiamo già individuato il posto dove lasciare Raffaella, presso le suore dell'Incoronata a Spotorno, che ce la tengono volentieri per un giorno e una notte. Arriviamo a destinazione, dopo essere partiti direttamente dall'ufficio, vestiti da lavoro, perché non c'è stato tempo per cambiarci. Non troviamo alberghi con camere libere. Cerchiamo, anche con una certa disperazione, finché troviamo una sistemazione a Taggia. Mi sfugge il nome dell'albergo.  Il personale ci accoglie con indifferenza, anzi visibilmente contrariato dal nostro abbigliamento, ma riusciamo a ottenere la camera per malandata che sia, infatti è piuttosto indecente, il bagno con water intasato quindi inservibile, ma ci adattiamo, d'altronde non c'è altro. Ci cambiamo di abito, io mi trucco, mi pettino bene, e mi immedesimo nella mia parte. Indosso l'abito da sera, la giacca bianca, le scarpe col tacco, i guanti neri di pizzo, e in una mano reggo la mia bustina argentata. Mario indossa il suo vestito che ha scelto appositamente per la serata e si fa bello. Quando scendiamo per uscire e andare a Sanremo il personale si inchina al nostro passaggio, ci accompagna all'uscita e ci offre qualunque tipo di supporto. A me scappa da ridere: che stupidi, non vedete che siamo quelli di prima? Ma così agghindati assumiamo una nuova identità e il nostro indice di gradimento è alle stelle. Quando entriamo al Casinò, nel salone dove si festeggerà il capodanno, prima si passa dal guardaroba e lì', proprio accanto a Mario, si ferma anche Sylva Koscina. Lei è il suo sogno proibito,  la sua dea, il materializzarsi di tutti i suoi desideri, cosicché lui non capisce più niente. Arrossisce, si schernisce, saluta devotamente, le dà la precedenza, prego faccia prima lei, gli manca solo la bava alla bocca. Io faccio finta di niente perché ritengo sia la cosa più intelligente da fare, inoltre non intendo rovinarmi la serata. Lei se ne va altezzosa e indifferente, e noi entriamo nel salone. Da lì la serata scorre piacevole, balliamo, beviamo qualcosa, una bottiglia di spumante Martini 35.000 lire. A Mario non si drizzano i capelli solo perchè non ne ha. Nell'insieme una bella notte di capodanno. Torniamo in albergo e poche ore dopo dobbiamo ripartire. Io preparo la valigia, rimetto l'abito da lavoro e anche Mario, che poi mi dice: vado a prendere l'auto, tu porta giù la valigia. Ma è pesante! Ma c'è l'ascensore! Ma ho paura, lo sai che ho paura! Ma va, non farmi ridere, è un piano solo! E io sarò lì ad aspettarti. Inutile discutere. Lui va e io mi avvio verso l'ascensore. Entro, schiaccio il pulsante per il piano terra e rimango immobile a fissare le porte, con il fiato sospeso. L'ascensore si ferma e le porte non si aprono. Mi assale il panico e comincio a schiacciare il pulsante dell'allarme. Nessuno si fa vivo. In preda all'agitazione infilo le mani nella fessura fra le due porte e comincio a tirare da una parte e dall'altra finchè riesco a spostarle di almeno trenta centimetri. Peggio, perchè dietro le porte c'è il muro. A questo punto non capisco più niente. Continuo disperatamente a premere sul pulsante dell'allarme e a battere i pugni. Il cuore mi batte in gola e penso, adesso mi viene un infarto. Ma perché nessuno mi soccorre! Poi, dopo un po', in un attimo di sconforto più acuto, rimango in silenzio, e mi pervade una strana sensazione, quella di essere osservata, sì, sono certa che qualcuno mi stia osservando. Inizio a sentirmi a disagio e mi volto: dietro di me le porte dell'ascensore sono spalancate e diverse persone nella hall dell'albergo mi stanno guardando con gli occhi sbarrati. In un attimo mi è tutto chiaro: doppie porte. Mentre io mi agitavo e battevo i pugni impazzita e tentavo di divellere le porte, dietro di me altre porte si erano aperte e la gente ammutolita stava assistendo alla mia follia. Prendo la mia valigia e vado alla reception cercando di darmi un contegno. Io ho suonato, dico, ma non è venuto nessuno. L'addetto mi guarda sospettoso, ma non mi risponde. Beh, ho quasi distrutto l'ascensore e adesso non so che fare, che dire. Menomale che arriva Mario, intorno il silenzio è totale. Sono qui, cinguetto, sono qui. Quando si avvicina, andiamo subito via, andiamo subito via, gli dico sottovoce. Ma perchè, cosa è successo?  Niente, andiamo subito via! Ma li hai avvisati che il water è intasato? Ma figurati, già chissà cosa stanno pensando, andiamo via, te lo racconto in viaggio. Che gli ascensori mi terrorizzino, è evidente.